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9.9.16

Di tutto un po', nel mentre di questa calda estate che non accenna a terminare

Per tornare, sono tornato. E già da parecchio. Ma non è che abbia tutta questa voglia di dire, fare, baciare. Ho passato una parentesi in meditazione (con la testa sempre altrove, proiettata al domani), costellata da qualche momento di lettura e di visione.
Sto teneramente riflettendo anche sull'esistenza stessa di questo blog. Non tanto perché ormai è un fuggi fuggi da questo modo di "fare" il web, quanto perché ormai sempre più impegni mi tengono lontano dalla rete.
Probabilmente qualche post apparirà ancora, ma di sicuro con una periodicità più dilatata. Probabilmente, ad un certo punto, smetterò del tutto perché "così è, se vi pare". 

Intanto, però, se solo avessi voglia potrei dirti che in questa pausa estiva, dei libri visti nella foto del post precedente, ho letto quasi tutto.


Mi sono gustato Destinazione Inferno di Lee Child, il secondo capitolo delle gesta di Jack Reacher, forse un pelo meno coinvolgente del primo libro, ma comunque interessante in quanto a spunti e tematiche. E 92 Giorni di Larry Brown, un piccolo grande gioiello, secondo molti, ma che io ho apprezzato poco, cavalcando, come fa, certi temi tanto cari a Bukowski o John Fante. Di sicuro sarebbe interessante capire quanto della propria vita Brown abbia riversato in questo scritto.
Sto finendo di leggere anche Sul Mare. Racconti di sole e di vento, una raccolta messa a punto dalla torinese Lindau, con chicche davvero degne di nota come il racconto L'uomo che amava le isole di David Herbert Lawrence e altre assolutamente trascurabili come Il Cane, breve scritto firmato da Grazia Deledda che col mare ci appizza davvero poco. E infine, il Meridiano di Sangue di Cormac McCarthy, epico romanzo western che se da un lato ha il merito di immergerti in certi scenari come poche altre cose scritte, dall'altro risulta molto più lento e appassionante di altre cose dello scrittore cresciuto in Tennessee.

Se avessi voglia, poi, ti direi che anche di fumetti ho letto qualcosa.


Lo Speciale Martin Mystére (il 33°) intitolato Troppi Super-Eroi! è il terzo ambientato nel mondo alternativo degli anni '30 (Castelli e Alessandrini sono sempre una sicurezza e se vicino ci metti pure le 50 sagaci pagine che festeggiano i trent'anni del world wide web, a conti fatti questo speciale annuale è ormai uno degli appuntamenti estivi a fumetti più interessanti in circolazione). 
E il Nathan Never Magazine 2016, come l'anno scorso, ristampa storie lunghe e brevi dei bei tempi che furono. Avevo letto già tutto, ma è stato bello rivivere certe sensazione legate ai primi anni '90. Il Numero 100, tutto a colori, è stato propinato a chi fa rientrare le più belle storie dell'Agente Alfa solo nella prima ventina di uscite. Ma la sorpresa è stata il divertente Guerra alla Yakuza, breve storia che fu pubblicata in un fascicoletto allegato al videogame Nathan Never - The Arcade Game, distribuito dalla Genias nel 1992 e che fu una delle rare cose dedicate al personaggio che, all'epoca, non riuscii a recuperare. 


Il terzetto di albi di Nathan Never #301/303 raccoglie invece la fine della saga di Omega, opera scritta da Michele Serra (che annuncia il suo abbandono definitivo alle storie della serie) e disegnata da Sergio Giardo. Sarà che mi mancano dei pezzi recenti della vicenda o il fatto che non ho mai ritenuto Omega un cattivo troppo spaventoso, ma la storia, per quanto godibile e costellata da spunti interessanti, non mi ha particolarmente convinto. Va detto però che ha generato davvero tante chiacchiere e ipotesi sulla reale o fittizia morte di molti protagonisti e molti appassionati l'hanno definita come la Crisis on Infinite Earth in casa Bonelli (qualcuno addirittura ipotizza che Nathan Never Anno Zero, attualmente in corso di pubblicazione, racconti la realtà di questo Nathan Never alternativo).
Ho sempre visto il mondo di Nathan Never più simile a quello di Blade Runner che non a quello dei mega eventi Marvel o DC Comics. Quindi mi siedo e aspetto di capire se la cosa possa davvero avere un'evoluzione.


Gli ultimi tre albi del ranger e compagnia (Tex #668/670) presentano invece una storia unica, scritta da Boselli, che ci porta nel conflitto tra la cofederazione Kiowas sul piede di guerra, guidata da Lone Wolf e dallo sciamano Maman-Ti, e le truppe del celebre colonnello Ranald Mackenzie, meglio noto con il nomignolo "Mano cattiva".
La storia ha un respiro ampio ed è ben strutturata, come spesso accade quando a occuparsi dei testi è Boselli. Probabilmente, però, il tutto sarebbe entrato comodo anche in soli due albi (questa volta ci sono veramente troppe, troppe, troppe parole. Anche meno, Mauro).
Da elogiare il lavoro del bravissimo Stefano Biglia, qui alla sua prima prova lunga dopo l'esordio con la bella storia breve comparsa sul Color Tex che omaggiava l'Hotel Azzurro di Stephen Crane.


Ammetto che conoscevo poco o nulla di Luc Orient (pubblicato sulla "Collana Avventura" della Gazzetta dopo la fine di Bernard Prince). In casi come questo mi sono sempre affidato ai pareri degli appassionati della bédé molto più esperti di me che da sempre tessono le lodi della serie scritta da Greg e disegnata da Eddy Paape definendola uno dei grandi classici di fantascienza del fumetto franco belga.
Invece devo dire che dopo aver letto i primi tre albi (che raccolgono per intero il ciclo di Terango), nonostante le buone intenzioni e una lettura comunque scorrevole, la serie non sembra andare oltre i cliché dell'epoca, con tempi narrativi davvero troppo dilatati.
Lo spirito dei classici c'è tutto, ma già nella costruzione dei personaggi si sfiora candidamente il plagio (il terzetto di scienziati composto dal professor Hugo Kala, Luc Orient e Lora Hansen, ricordano davvero troppo da vicino il dottor Zarkov, Flash Gordon e la bella Dale Arden, per tacere dell'assonanza tra i nomi dei pianeti protagonisti dei rispettivi primi cicli, "Mongo" e "Terango"). Più che di una vera e propria delusione, in realtà, sto parlando di un bel po' di noia. Curioso ora di leggere anche il secondo ciclo, anche se poco fiducioso.

Infine, sempre avendo voglia, avrei potuto raccontarti di come, approfittando della momentanea assenza di moglie e figlio, mi sia rimesso in carreggiata con il genere action cinematografico, vedendo film vecchi e nuovi che da tempo pregavano per una visione.


Il primo Mission: Impossible, quello firmato da Brian de Palma, all'epoca di piacque davvero parecchio. Il secondo, invece, mi nauseò quasi subito (un gigantesco, odioso spot commerciale per automobili, capi d'abbigliamento e orologi). Il terzo di J. J. Abrams (e i suoi dannati lens flare) credo di non averlo nemmeno visto tutto. Ho sempre sperato però che la serie potesse risollevarsi scrollandosi quall'aurea pacchiana e polverosa di dosso. E la cosa sembra essere successa proprio con gli ultimi due capitoli.
In M:I IV - Protocollo Fantasma, Ethan Hunt e soci devono rintracciare un pericoloso terrorista dal nome in codice "Cobalt" che è entrato in possesso dei codici di lancio di missili nucleari russi. Il film funziona parecchio bene (anche più di quello successivo) forse anche grazie alla sapiente regia di mister Brad Bird (che di certe cose se ne intende).
In M:I V - Rogue Nation, il regista Christopher McQuarrie (che aveva già diretto TomTom Cruise in Jack Reacher - La Prova Decisiva) metterà gli agenti della IMF sotto torchio, sulle tracce di un'attività criminale che agisce nell'ombra, e a livello internazionale, nota come Il Sindacato.
Godibilissimi entrambi ma, ripeto, il quinto capitolo un pelo meno del quarto (impreziosito anche, e non poco, dalla presenta della bella Paula Patton).


Die Hard - Un buon giorno per morire. Ma il sottotitolo giusto sarebbe stato "un buon giorno per tenere il televisore spento". Già il quarto film (Vivere o Morire) si era rivelato un mezzo disastro. Questo è addirittura riuscito a fare peggio. Un filmetto insignificante che mal gestisce il peso della trilogia originale e che presenta un Bruce Willis vecchio, rugoso e privo di battute mitiche (una mezza bestemmia, insomma) alle prese con un figlio un po' ottuso a cui volentieri elargiresti una cinquina in faccia ogni due per tre ("porta rispetto a tuo padre, imbecille"). Automobili che saltano, elicotteri che sparano e nient'altro. Con l'aggravante che la regia (di John Moore) e il cast (Willis a parte, che non si tocca MAI), non dicono granché. Una disfatta.

The Equalizer, invece, è stata una bella sorpresa. Antoine Fuqua (volenteroso regista di Training Day, Attacco al Potere o del prossimo remake de I Magnifici 7) porta in scena un attempato ma sempre meraviglioso Denzel Washington nei panni di Robert McCall, impegato presso l'home mart di Boston. Le cose cambiano quanto Robert conosce Teri, una giovane prostituta russa che finisce immancabilmente nei guai.
Trama sottilissima (praticamente è quasi tutta qui), ma la sorpresa sta nell'essere spettatori del cambiamento repentino di Robert che dimostra di essere stato ben altro, prima del classico uomo qualunque, affabile e generoso.
The Equalizer è quel genere di film che dà soddisfazione a chi guarda, dove il protagonista è il classico raddrizzatorti che vince sempre e comunque, senza mai vacillare. Il cattivo di turno sembra un cattivo, ma al suo cospetto perde ogni fascino. E come si fa, ti chiederai tu, ad apprezzare una roba del genere? Si fa, si fa. Provare per credere.

Ecco. Se avessi voglia, potrei raccontarti tutte queste cose, ma non ce l'ho. Allora mi limito a salutarti come si confà con un vecchio amico di viaggio, sperando che si possa condividere di nuovo quei post(i) sul treno. Ma che se così non fosse, significherebbe solo che ho trovato di meglio da fare.

25.11.15

Adenoids & Tonsil, final cut

Più o meno undici mesi fa, ti dicevo di come ero dovuto correre in ospedale a farmi tagliuzzare la gola per liberarmi dalle tonsille, dopo tre anni di sfiancanti e dolorosi alti e bassi.

In questi giorni, a distanza di quasi un anno, è toccato a Teo.

Teo non ha mai (MAI) respirato normalmente per via delle sue adenoidi, evidentemente grosse come palline da tennis. La cosa, ovviamente, è sempre stata fonte di preoccupazione per i suoi santi genitori. Quando finalmente i medici si sono decisi (difficile che operino prima dei quattro anni), ci hanno detto che quando togli le adenoidi e corri il rischio di un'operazione chirurgica, tanto vale che togli pure le tonsille. Va da sé che anche le tonsille erano belle grosse, come quelle di suo papà.


E quindi ualà, zack e zack, via il dente via il dolore.

E' un intervento di routine, sia chiaro. Ma sai come funzionano i genitori, no? Si preoccupano a cazzo per qualsiasi cosa. E comunque non fa mai piacere vedere tuo figlio rincoglionito dal lexotan (o una roba del genere) mentre sale in sala operatoria in braccio a tua moglie.
Ma niente, dai. Alla fin fine mi sono comportato bene e sono rimasto teso ma abbastanza freddo. Anche perché l'ospedale era lo stesso dove mi sono operato io, il Maria Vittoria di Torino. Il reparto orotinolaringoiatra sembra una casa di riposo, tutto lindo e pulito, tutti gentili che ti vien voglia di rispondergli male per metterli alla prova, provocarli e fare a botte.

E' stato operato lunedì mattina. Quando si è svegliato piangeva ed era dolorante, naturalmente. Ma già nella serata si è calmato e ha cominciato a parlare con una vocina sottile che non gli avevo mai sentito usare. Voleva addirittura alzarsi per andare a fare un giro.
Tzé, un bimbo di quell'età, dopo una giornata scarsa sembra già avere altre preoccupazioni, mentre io mi sono operato un anno fa e oggi non sono ancora a posto, accusando pure le giornate più umide quando la gola tira come una vecchia ferita di guerra, sentendomi a volte incompreso come giuggéi.


A parte tutto, da ieri mattina siamo a casa. Teo è  accasciato sul divano, ancora un po' lagnoso per carità, ma ampiamente distratto dai cartoni (e dai regalini di zie e nonne). Ma alla fine si è comportato parecchio bene anche lui, và, niente da dire.

Sono cose piccoline, ma sai cosa? Colgo al volo e faccio mia una vecchia, celebre massima di Kurt Vonnegut che saggiamente recita:
"Quando siete felici, fateci caso"
Lavoro? Soldi? Spese? Io e mia moglie torneremo a pensarci, ma non ora. Ora abbiamo un peso in meno sullo stomaco e quindi ci godiamo con lui le serate a giocare e le nottate finalmente silenziose (russava come una segheria).

Tutto il resto è brugola. Arriva dopo. Chissenefotte.

6.8.15

Pausa


Questo blog va in pausa. Perché per un po' di giorni ho voglia di fare altro, leggere, scrivere, disegnare, rimanendomene bel lontano dalla rete. Ho parecchie cose da leggere e diverse cose da vedere (o rivedere). Poi ci sarà la fine di agosto e tutta l'intenzione di iniziare settembre come se fosse un nuovo anno. E anno nuovo vita nuova, lo sai come funziona, no?

Rilassati, divertiti, leggi tanto e non mangiare troppe schifezze.
Ci si sente poi. 

18.12.14

Come zavorra


Forse sei tra quelli che hanno lasciato un commento qui nei giorni scorsi, forse tra quelli che si sono chiesti che diavolo di fine io avessi fatto. Venti giorni senza un post, questo blog non li ha mai visti nemmeno in pausa vacanziera.

Ora sono qui a dirti che sto bene. Che un soggiorno inaspettatamente prolungato in ospedale mi ha costretto a dieci giorni forzati di pausa e riposo. La fine, tra tripudi e miccette, ha visto un'operazione chirurgica e la relativa libertà da una piccola sofferenza durata tre anni. Ma non sto parlando di nulla di grave. Solo di tonsille. Ho dovuto portarle via d'urgenza sulla soglia dei quarant'anni. Solo che le cose non potevano giustamente filare proprio lisce lisce lisce e allora eccoti i chirurghi che prima ti costringono ad una lunga terapia e dopo l'intervento ti dicono che li hai fatti penare. E non poco.
Due giorni dopo l'operazione, oggi, ti hanno preso a calci nel culo e rispedito a casa. Il decorso post operatorio è andato meglio di quanto loro stessi pensassero e io ho un pensiero di meno in testa. Anzi, due in questo caso.

Purtroppo il periodo mi sta mettendo alla prova su più fronti. Ti basti sapere che tempo fa sono stato licenziato con un paio di mesi di preavviso. Quindi martedì scorso è stato il mio ultimo giorno di lavoro nell'agenzia di pubblicità dove ho lavorato negli ultimi quindici anni. E il giorno dopo mi sono dovuto ricoverare.
Dovrei essere molto preoccupato. Con una moglie, anche lei a spasso da qualche mese, e un figlio che vuole giustamente mangiare tutti i giorni, dovrei forse stare lì a disperarmi, si. Ma sai una cosa? Non ci sono ancora riuscito. Tra l'asportazione delle tonsille e la fine del mio vecchio incancrenito lavoro è come se mi fossi liberato di una doppia malattia. Come se le due cose fossero collegate.

Ora è solo tempo di rinascere. Non so ancora come, giuro, ma in qualche modo si deve fare. Ma è inutile mettersi a correre. Ora voglio solo passare queste feste di Natale con la mia meravigliosa famiglia. E lo farò con un filo di voce, immerso in una placida sonnolenza e attento a non buttar giù cose troppo dure.

Non so quanto avrò testa di star qui a scrivere sul blog. Vedremo.
Intanto ti auguro tante belle festicciole. Un abbraccio.

26.7.14

Pausa (che si fa presto a dire "pausa", ma poi...)


Caro mio,
io ti saluto per qualche giorno. Il blog va in pausa com'è consuetudine per tutti in questo periodo dell'anno. Vabbé che da 'ste parti sembra quasi ottobre, ma questo tempo, onestamente, me lo faccio andare bene (che come sai il caldo non lo si sopporta troppo volentieri).
L'anno scorso credevi di essere arrivato ad agosto per il rotto della cuffia. E invece quest'anno pure peggio. Sono stanco, ma posso farcela. Anzi, guarda, qualcosa deve cambiare alla radice e io devo tornare a sorridere senza tarli nella testa. E mio figlio e mia moglie devono tornare a ridere senza tarli nella testa pure loro, insieme a me. Che se non si ride, te lo dico con il cuore in mano, tutto il resto non conta un cazzo.

Il blog, ti dicevo, va in pausa. Ma mica perché uno parte per le Tremiti o per uno di quei posti lì che ti mostra Earth Pics su twitter. C'è da lavorare e io ho poco tempo. Ma in ogni caso, staccare un po' dalla rete non fa mai male, anzi. Se tu vai in vacanza, quindi, ti auguro di divertirti e rilassarti. Se non ci vai, ti auguro le stesse cose, che ti puoi rilassare comunque.


P.S.: Nel caso ti dovesse saltare per la testa di commentare questo post o qualcuno di quelli più vecchi, sappi solo che ho inserito i cacchio di captcha. Non l'ho fatto perché ti voglio male, ma perché è circa un mesetto o giù di lì che son cominciati ad arrivare giornalmente un centinaio di commenti spam che poi devo cancellare uno a uno dalla casella mail. Poi li tolgo, eh.

26.7.13

Volevo postare qualcosa, invece niente, PAUSA

Gli argomenti languono. E anche le persone. I blog che seguo di solito hanno rallentato da un po'. E' evidente che sei già in vacanza o, come me, hai già la testa altrove. E come darti torto?

Avrei voluto mostrarti dei post nuovi. Ne ho pronti uno sul grande Tony Salmons, un disegnatore di fumetti. E uno anche su Paul Kirchner, altro genio delle nuvolette (quello lì che, tra le altre cose, ha creato anche la serie a strisce The Bus).


Uno sulle sinossi dei libri, che sono importanti. E uno anche su Spotify, su come io mi sia ricreduto su questa piattaforma di musica in streaming e su come sarebbe piaciuta anche a San Francesco. Ma sono tutti argomenti che meritano un po' di attenzione. Quindi magari te ne parlo poi.


Avrei voluto dirti che su DeMIUSìK ho passato i 200 post, ci credi? Tu penserai che ciò vuol dire che ho parlato di almeno 200 dischi. Io ti dico che no, che sono molti di più, perché c'è da tenere conto dei post biografici dove tiro in ballo le discografie complete. Per ora l'ho fatto per i Royksopp, per i Kraftwerk, per i Chick Corea Elektric Band, per gli Steely Dan (e con quanta fierezza), per Wax Taylor, per i Cinematic Orchestra, per Madlib the Beat Konducta e quella (monumentale) per Brian Eno. Ti basta?

Avrei voluto raccontarti che il lavoro è una piaga a prescindere, ma questo lo sappiamo. Soddisfazioni poche e si registra tantissima stanchezza mentale. Che sto arrivando alle vacanze tirato a lucido (se scuoto forte la testa sento un rumorino di fondo tipo sabbia o  segatura). Che ho un paio di progetti aperti che in realtà mi ero prefissato di portare a termine all'inizio di quest'anno (roba scritta che no, non è un romanzo). E invece non sono riuscito a metterci mano. 
Avrei voluto, ma appena aprivo il progetto, il bianco, il nulla, il vuoto. A volte mi piacerebbe affrontare un nuovo progetto con qualcun altro. In certi periodi, lavorare da soli può diventare davvero frustrante.

Frustrantezza. Capito come?

Potrei raccontarti di quanto sia stato difficile fino ad ora quest'anno anche solo, tanto per dire, economicamente. Tra il vecchio condominio dove hai abitato che risolve cause (perdendole non si capisce come) e ti chiede soldi. Tra l'amministratore del nuovo condominio dove vivi ora che sbaglia le valutazioni dei consumi del gas e ti chiede soldi. Tra società erogatrici del gas che si prendono il tuo contatore senza nemmeno prendersi la briga di dirtelo (perché il precedente proprietario aveva aperto contratti che poi lui se ne va e a tu la prendi lì, in quel posto che sai) e poi ti mandano le bollette tutte in una volta proprio l'anno che il gas aumenta del 18%. Tra il comune che si dimentica di te perché non basta fare il cambio di residenza ma devi anche "denunciare" la cosa e ti manda la Tarsu dell'anno scorso e di quest'anno insieme. Tra l'asilo e il mutuo.
Tra tutte queste cose, dicevi, e contando il fatto che mica è finita, che si ricomincia a pagare appena la pausa finisce, non ce la fai proprio più. Anche se speri che le cose si possano aggiustare poco alla volta, hai sentito, e senti tutt'ora, di essere preso a mazzate come mai prima.

Mazzate. Capito come?


Avrei voluto parlarti di tanti fumetti sfiziosi. Love and Rockets Collection: Palomar #1 di Gilbert Hernandez, Abbiamo Perso la Guerra ma non la Battaglia di Michel Gondry, alcune nuove serie Marvel Now (che a me sembra sempre la stessa roba, ma la serie di Capitan America no, su quella mettici la mano sul fuoco, che è una bella roba), qualche numero sparso di Saguaro, un Dampyr (che non leggevo Dampyr da anni e l'ho preso solo perché ambientato a Napoli e perché parlano un casino in dialetto e non capisci perché altri curatori, nella stessa casa editrice, fanno problemi a farti passare una sola parolina in siciliano). Avrei voluto parlarti anche del primo volume dello Shadow di Garth Ennis (ti ho mai parlato della mia passione per quel personaggio?) e del primo tomo di Saga di Brian Vaughan.


Poi avrei voluto parlarti subito della nuova serie di Occhio di Falco di Matt Fraction e David Aja che l'aspettavo da un casino di tempo. E invece mica l'ho trovato subito, in edicola. Tutti a dire che gliene avevano mandate un paio di copie ed entrambe le avevano vendute di primo mattino. Manco stessimo parlando di un allegato gratuito qualsiasi (evvabbé che avete il diktat di finire in edicola con mille cose, però poi un minimo di copie le volete garantire o no?). E poi vagli a fare lo spelling a quello dell'edicola, per fargli capire di che cazzo stiamo parlando: "si chiama hoccài, si scrive havc, no, con l'acca, a, doppia vù, kappa. E, ispsilon, e. Havc eie, si". E poi scopri anche tu che in copertina c'è scritto semplicemente "Occhio di Falco". Che rabbia, guarda.
Anche dell'Adventures Time della Panini, avrei voluto parlarti. Ma anche questa non l'ho ancora letta. Che a me le storie e i disegni del cartone fanno sbellicare. La serie a fumetti ha vinto 5 Eisner Awards (mica panzarotti) e c'è la seria possibilità che sia più interessante di altre leziose e petulanti robe a fumetti che si trovano in giro (non ridere, eh, che non sto mica scherzando).
O di come io mi sia perso Macanudo #5 uscito a maggio scorso. Non ne sapevo proprio nulla, pensa. Io che di Liniers sono un fan accanito.

Toh, ti regalo una sua striscia che ho tradotto apposta per te:


Avrei voluto sapere cosa leggere in queste settimane di quiete così da raccontartelo. E invece non lo so. Dell'Isola della Sacerdotessa dell'Amore di Christopher Moore ti ho già parlato nel post scorso, e te ne ho parlato così benino che ho convinto pure mia moglie che che ha deciso di leggerlo.


Però so che sul comodino ci sono La Vera Storia di Long John Silver di Björn Larsson e Piccoli Suicidi tra Amici di Arto Paasilinna. Uno svedese e un finlandese, guarda. Entrambi editi da Iperborea, ma pensa un po'. So solo che di Paasilinna un libro ogni tanto lo devi leggere. E poi c'è Omar che mi ha messo questa pulce nell'orecchio di William Faulkner e del suo Luce d'Agosto. E a proposito di Omar ci sarebbe poi il suo secondo libro, Ferro e Fuoco, che ti avevo parlato tanto bene del primo, qui, che non è che puoi far passare troppo tempo per leggere gli altri.

Avrei anche voluto mostrarti un mio nuovo progettino personale che ha a che fare con le illustrazioni. Che è tornata la fissa per i notturni e allora ho cominciato di nuovo a sperimentare per capire. Come faccio sempre. Qui sotto ti mostro uno dei primi risultati. L'obiettivo era tanta atmosfera, tanta notte e un gusto velatamente ispirato ai 50's ammerrigani. Ti garba?


Ti avrei voluto raccontare anche di come mi sto divertendo con mio figlio. E questo, quasi quasi, te lo racconto. E' in un periodo della crescita davvero particolare. Mi fa tanto incazzare tanto quanto mi fa ridere. Risponde "no" a prescindere dalla domanda. E poi cerca di mettere in fila le parole come i grandi. E io me lo squadro e me lo studio con attenzione, lo guardo da sotto per capire come funziona.
Io e mia moglie ci giochiamo, lo scuotiamo un po', ce lo giriamo e ce lo rigiriamo. Adesso ha la passione per un terzetto di cose:

1 - Per i "ninonino". I "ninonino" sono i camion, di qualsiasi tipo e dimensione. Quando ne vede uno per strada, lo indica e comincia ad urlare come un ossesso: "ninoninooo". Più grandi sono, meglio è. Però anche i piccini vanno bene.

2 - Per gli "arerei". Strilla pure per quelli, quando ne vede uno. Non solo. A volte sta lì e mi dice "arereo" e io non capisco. Poi tendo l'orecchio e ne sento uno in lontananza. Ma che ci devi proprio avere un udito fine fine tipo Matt Mardock.

3 - Per le "cucca ningia". Le tartarughe, dico. Gli piacciono un sacco, proprio. E l'altro giorno le vede in tv, mi guarda e fa: "papà, cucca ningia". Quella volta lì ero indispettito per altre cose (sai com'è stupido l'uomo, no?) e allora io gli faccio: "Teo. Prima o poi però, lo sforzo di dire t-a-r-t-a-r-u-g-h-e, lo devi fare. Si dice tartarughe ninja". Come se fosse normale che un bimbo di due anni debba dire "tartarughe". Lui mi fissa un attimo titubante, alza una mano e mi fa: "Eh. Cucca ningia", come a dire, giustamente, "perché, io che minchia ho detto?".

E invece niente. NON ti mostro, NON ti dico e NON ti racconto. Perché il blog entra in pausa come si conviene in questo periodo dell'anno. Perché dal web starò lontano per un po'. Ci parliamo poi, dopo un po' di relax.

Una abbraccio forte forte a te, che hai avuto il coraggio e la costanza di leggere fino a qui. Mi auguro che tu possa riposarti il giusto, anche se è triste questa cosa che sei / sono / SIAMO costretti a lavorare tutto l'anno come dei somari e pensare di dover tirare fino a questo pugno di giorni agostani per ricaricare le pile. Io lo trovo umiliante, ma tu potresti dirmi "pensa a chi non c'ha nemmeno quei giorni ad agosto, pensa". E io ti darei anche ragione.

Fanno bene i tedeschi, fanno, che dividono in due blocchi le loro ferie annuali e mai ad agosto. Così se ne vanno in giro in estate e in inverno, ma in periodi senza calca.

Ci vediamo comunque presto, che il tempo passa in fretta.

26.7.12

E quindi uscimmo a riveder le stelle...


Ok, ragazzi. S'è fatta l'ora, direi.

Di andare in vacanza. Io e la mia famiglia siamo arrivati a questo finale di luglio con le pezze al culo. Stiamo tirando la corda da due anni. E tenendo conto che l'ultimo anno è stato anche il primo di esperienza con Teo, con le relative preoccupazioni e via dicendo, con me che mi son fatto una tonsillite al mese a partire da febbraio (l'ultima è di qualche giorno fa) e con la mia identità lavorativa seriamente messa alla prova, mi verrebbe da dire che non ce la si fa quasi più. E' stata davvero dura. E forse le ginocchia stavano per cedere.
Per tacere di come ci sia arrivata mia moglia, a questo traguardo. Anche una piccola macchina da guerra ha bisogno di fermarsi un attimo, ogni tanto. E sarà anche una buona, ottima occasione per guardarci di nuovo negli occhi, io e lei, con quel fare rassicurante e rilassato che manca da tempo.
E anche Teo, nel suo piccolo, sarà incazzato nero tra otiti, raffreddori vari, febbre e denti che spingono per uscire. Meno male che di certe cose perdiamo il ricordo. Perchè sentire le ossa e i muscoli che crescono ad una velocità spaventosa, a quell'età, non deve essere una cosa simpatica.

E' incredibile come tu possa arrivare a sperare che due settimane possano cambiare un intero anno passato lavorando. Che possano salvarti. Anni fa non ci volevo credere, ma è così. Da quando lavoro, è capitato che io saltassi le ferie anche per due anni consecutivi. Ma la cosa non mi aveva certo preoccupato, perchè ero giovane. C'è da dire che le conseguenze, in ogni caso, sono arrivate poi.

Giuro su Dio che appena arriviamo al mare, comincio a respirare a pieni polmoni e non la smetto più, a costo di sembrare un imbecille. Perchè il mare, c'hanno ragione quelli che dicono questa cosa, lenisce ogni male. Probabilmente il primo giorno farò così: prenderò un servizio barca taxi, c'è sempre un tipo taciturno ma gentile al quale qualche volta ci siamo rivolti (gli altri lo chiamano "scheletrino" per via della suo fisico asciutto) che per una manciatina di euro ti porta in un posto, ti lascia il suo numero di cellulare e quando lo richiami ti viene a riprendere. Gli chiederò di portarmi al largo. Almeno fino a dove a occhio nudo non riesci a vedere nemmeno la costa. Almeno fino a dove sento solleticarmi le piante dei piedi dalle pinne degli squali. Mi metterò pancia all'aria e dirò a scheletrino di venirmi a prendere quando ne avrà voglia, ma non prima di notte fonda. E poi tornerò a casa, da mia moglie e da mio figlio.

L'aria di mare. Che buona.

Mangiare. Leggere. Giocare. Riposare. E poco altro.

Nel caso non l'aveste ancora capito, quindi, questo blog si prende una pausa. E' l'Europa che glielo chiede. Ma dove ti si potrà trovare, se dovessimo aver bisogno di te? Mi chiederà l'Europa...
In un posto del genere, qui sotto, tra le acque chete del Salento.


Ma il telefono rimane spento.



Buone vacanze anche a tutti voi, ragazzi. Di cuore.

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