18.10.16

Auguri, Dàilan Dog

Dylan Dog compie 30 anni. E diciamoci la verità, questo buffo e bizzarro omino di carta, un pensierino se lo merita eccome.


Ovunque sul web si celebra il personaggio sottolineando come Tiziano Sclavi, all'epoca, abbia incarnato alla perfezione la "sensibilità dei tempi" e cose del genere. Personalmente credo che, in parole povere, Sclavi sia stato semplicemente uno splendido cantore di dubbi, fobie e paure dell'uomo, uno dei migliori in assoluto che abbia avuto a che fare con il fumetto.
E che abbia scritto un horror/splatter intelligente e creativo in un'epoca in cui (sul finire degli anni '80, ma anche prima) il cinema horror, così come la letteratura di genere, fece presa in modo tanto radicale sui giovanotti della mia generazione.

Dalla metà degli anni '90 in poi, l'horror ha subito un declino inevitabile (oggi ci spaventano più il fato e il futuro incerto che una cinquina di artigli che scintillano al buio) e quando quei tempi sono finiti, in parte è finito anche Dylan Dog. Quando poi Sclavi si è lentamente e inesorabilmente allontanato dalla sua creatura, la situazione non ha fatto che peggiorare. E non sto certo dicendo che è colpa degli autori che ci hanno messo mano dopo. E' solo che Dylan Dog E' Tiziano Sclavi.


Lo stesso Dylan, che è un personaggio nato per essere un giovanotto afflitto da dubbi e tormenti, con le proprie insicurezze che lo hanno sempre reso "vero" agli occhi del suo lettore (sempre ostinatamente pronto ad essere dal lato giusto facendosi scudo con certi principi morali), oggi apparirebbe antiquato, fuori dai tempi, moralista. In due parole, poco realistico. Proprio come un qualsiasi personaggio di carta, insomma.
La questione è che anche lui deve appunto "incarnare" la sensibilità dei nuovi tempi parlando di lavoro, malattia, suidicio e potere (non a caso le ultime e più riuscite storie della serie trattano proprio questi temi). Quindi oggi risulterebbe "antiquato" ritrovare tra le sue pagine Mana Cerace ma non vedere il protagonista calato in un'orrenda e alienante realtà lavorativa.

Sembra assurdo dirlo, ma ci sono stati dei tempi, in parte realmente spensierati, in cui anche il fumetto seriale doveva preoccuparsi quasi solo di sciocchezze. Mi viene in mente ad esempio quando Sclavi prese per il naso certi lettori mettendo finalmente in chiaro quale fosse la pronuncia corretta del nome Dylan (come se ce ne fosse stato davvero bisogno) e per farlo utilizzò Bree Daniels, la prostituta amica di Dylan che si ostinava a chiamarlo "Dàilan" (nell'indimenticabile Memorie dell'Invisibile, nel caso non lo ricordassi).
Ma sai cosa? All'epoca ricordo che quasi la metà delle persone sbagliavano davvero la pronuncia del nome. E così Dylan Dog è sempre stato un po' anche Dàilan Dog. Che il suo autore lo volesse o meno. Con le proprie misure, ognuno gli cuciva addosso la giacca nera, la camicia rossa e le clarks.

Un esempio. Ai tempi in cui frequentavo l'Istituto d'Arte, tutti leggevano la serie. In moltissimi avevano l'albo tra le mani il giorno stesso dell'uscita del nuovo "numero". E alle otto meno un quarto di mattina, in piazza del Plebiscito a Napoli, erano tutti lì a sfogliare distrattamente l'albo per capire cosa raccontasse quella storia.
Ma più gente era coinvolta nel circolino, più la cosa dava disagio. Come se si rompesse un'intimità intensa e passionale maturata nel tempo. Come se la cosa confermasse che quel personaggio non vivesse effettivamente più tra quelle pagine solo per pochi. Dylan Dog era diventato un fenomeno di massa.


Non ci ho messo poi molto a disincantarmi da quelle storie (pian piano si cresceva e c'erano anche altre letture, le ragazze, il futuro e la vita di strada), ma i ricordi che ho del personaggio sono molto profondi e sono legati in particolare a quegli episodi pubblicati proprio a cavallo tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90 (tra inedito e prima ristampa), la maggior parte dei quali letti a tarda notte, a letto, d'inverno e con la lampada del comodino accesa.
Sotto quelle meravigliose, iconiche copertine di Villa si muovevano tutti quei neri d'inchiostro sempre inquietanti, indipendentemente dal fatto che a riempire quegli spazi fosse stato Casertano, Trigo, Stano, Roi, Montanari e Grassani, Dell'Uomo, Brindisi, Siniscalchi, Dall'Agnol, Freghieri, Ambrosini o Piccatto.

Il primo albo a spaventarmi davvero fu Jack lo Squartatore (#2) perché Trigo sapeva come rendere minaccioso ogni angolo delle sue tavole. La Bellezza del Demonio (#6) era geniale e spaventoso e ancora oggi credo sia una delle storie più belle della serie. Il Ritorno del Mostro (#8) faceva meravigliosamente leva sui sensi di colpa del lettore. Attraverso lo Specchio (#10) era quel grande classico che ricordi ancora oggi. Mentre la prima storia in due parti composta da Il Castello della Paura (#16) e La Dama in Nero (#17) era ricca di atmosfere tenebrose e crepuscolari (a dispetto degli eterni detrattori della coppia Montanari e Grassani). Memorie dell'Invisibile (#19) era un altro grande classico su cui tutto è già stato detto e Dal Profondo (#20) faceva davvero paura, merito di un Corrado Roi che i lettori stavano cominciando a conoscere davvero bene.


Dopo Mezzanotte (#26) era un piccolo gioiello, un altro dei miei preferiti (nonostante già all'epoca sapessi essere "ispirato" al bellissimo Tutto in una Notte di John Landis). Il Buio (#34) perché c'era Mana Cerace e perché i ritornelli di Chiaverotti all'epoca sembravano inquietanti ("Uno due, due e tre questa volta tocca a te; quattro cinque, cinque e sei, è la morte proprio lei"). Accadde Domani (#40) perché era triste e malinconico (anche questo palesemente "ispirato" alla pellicola del 1944 Avvenne Domani di René Clair).
Poi Golconda (#41), Inferni (#46), Horror Paradise (#48) e Il Mistero del Tamigi (#49) (uno di quelli che più mi si fissò in testa: "London bridge is falling down, falling down, falling down...").


Se hai letto quelle storie, ti ricorderai anche di Ai Confini del Male (#50), storia fuori di brocca che mi piacque parecchio, il bellissimo Partita con la Morte (#66), il geniale Caccia alle Streghe (#69) o i commoventi Il Lungo Addio (#74) e Johnny Freak (#81).
Per non parlare di tre speciali che in particolare colpirono il mio immaginario: il bellissimo e assurdo Gli Orrori di Altroquando (SP #2), impreziosito a imperitura memoria dai disegni del Maestro Attilio Micheluzzi, Orrore Nero (SP #3), anche solo per quella meravigliosa copertina di Villa, tra le più belle che abbiano mai sfornato in Bonelli (per quanto io stimi non poco il lavoro di Stano, nella mia testa Dylan Dog è sempre stato quello) e l'agghiacciante e tenebroso Mefistofele (SP #4), con il quale anche mia madre cominciò a leggere la serie (la reale portata del fenomeno Dylan Dog la capii proprio quando mia madre alla fine della lettura di quello speciale prima mi chiese con aria schifata "ma a te davvero piace leggere questa roba?" per poi chiedermi, mese dopo mese, tutti gli episodi nuovi).


Detto questo concludo dicendo che sto seguendo con interesse la nuova gestione di Roberto Recchioni. Interesse nutrito in parte da alcuni alti davvero alti ma scemato, purtroppo, da alcuni bassi abbastanza bassi. Come in passato, credo che la cosa sia inevitabile (più o meno). 
Forse la serie avrà perso un po' del nerissimo humor british originario (già da un po', a dire il vero), ma in questi ultimi due anni di cose interessanti ce ne sono state diverse.

1. Le sperimentazioni grafiche (in primis sui Color Fest) che in passato non sarebbero mai state prese in considerazione (diciamo anzi che sarebbero state "cordialmente" accantonate). La cosa non fa che dare freschezza alla serie, portando il personaggio con i piedi nei nostri tempi.
2. John Ghost, una nuova interessante nemesi, credibile rappresentante dei mali di questi tempi (ma che personalmente avrei preferito vedere un po' più spesso).
3. Un pugno di storie davvero interessanti che le cose meno riuscite non hanno comunque intaccato (e un complimento in particolare, tra gli altri, va a Gigi Simeone, autore che seguo sempre con molto interesse, che in poco tempo è riuscito a ritagliarsi uno spazio davvero importante sulla serie).


In generale, parlo di albi come Anarchia nel Regno Unito (#339),  Al Servizio del Caos (#341), Nel Fumo della Battaglia (#343), ...E Cenere Tornerai (#346), Lacrime di Pietra (#350), Il Generale Inquisitore (#353) e La macchina Umana (#356), fino ad arrivare a quello di questo mese, quel Mater Dolorosa che tanto sta facendo discutere e che personalmente ho interpretato come una ricca riflessione ma anche come un'ulteriore fase di passaggio (sperando che la cosa possa portare però ad una fase un po' più concreta).
Quel che è sicuro è che non mi stancherò mai di celebrare la mostruosa opera di Gigi Cavenago su questo albo. Un lavoro ricco e sperimentale, bello in modo diverso dagli altri, come non si era mai visto nel fumetto popolare italiano (sarebbero da incorniciare anche solo le cover che ha sfornato fino ad ora per i Maxi Dylan Dog Old Boy, tipo questa, questa e questa).

E con il prossimo, intitolato Dopo un Lungo Silenzio (titolo quanto mai azzeccato), si ha la segreta speranza che anche Tiziano Sclavi possa tornare più spesso tra le pagine della serie a cui ha dato i natali, in modo che un cerchio si chiuda. O che forse si riapra, visto che intanto l'autore ha annunciato di essere al lavoro su una miniserie di Dylan Dog interamente scritta da lui che procederà in parallelo a quella regolare.

Anche se in modo diverso, insomma, questo omino di carta avrebbe ancora qualcosa da raccontare. Mi rendo conto che possa risultare difficile tenere il passo con un'eredità lunga trent'anni (e un cammino fatto di tanti piccoli, grandi successi), ma la direzione attuale, per quanto ancora priva di una certa continuità che gli varrebbe una forte e auspicata identità, potrebbe effettivamente portare da qualche parte.

E tanti auguri a Dàilan Dog.

9 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Siam davvero contenti di averti di nuovo con noi con l'entusiasmo che avevi negli anni di plastica. Se prometti di non dirlo ad altri che non siano i tuoi lettori, ti mettiamo a parte di qualche novità duemilaediciassettica che renderà il vecchio Dailan la cosa di cui tutti parlano anche mentre la monorotaia magnetica oscilla pericolosamente e sembra quasi baciare il binario prima di riprendere a levitare mentre tutti intorno i virus alieni senzienti che usano vecchi libri di carne ( sintetica ) come veicolo sondano la ns capacità di dominare il teletrasporto come satori della Teoria Zen delle Stringhe Spaiate: 1) Bill Sienkiewicsz su di un Color Fest. Testi di Rrobbè Recchioni - il divino Bill è rimasto davvero entusiasta della collaborazione con il papi di Pietro Battaglia x i tipi della Ed Ink di Rossano Piccioni e non vede l'ora di ritrarre l'indagatore dell' incubo. 'nuff said 2) Tiz Sclavi ha detto + di una volta che se DD fosse nato in seguito , sarebbe stato + Neil Simon e meno Dario Argento. Come notavi anche tu nel tuo pregevole post, viviamo in tempi interessanti ed il Lettore Nativo Digitale - x tacere di quello rugato e spelacchiato come il sottoscritto - è sedotto da Operation Petticoat e Some like it hot + di quanto non lo sia da Shining. Come saprai Chuck Dixon è al lavoro su Tex. In via Buonarroti ci siamo interrogati ed abbiamo esclamato in coro Peter David ! PAD dovrebbe incrociare la strada di Piccatto. Io spero di infilarci anche Alessandrini. 3) famolo strano. Il Color Fest con Ausonia, Marco Kazzemberg Galli e AkaB ha mostrato una via, come diceva Lennon di Dylan ( nel senso di Bob ) - ti dico solo Ash Wood, Jim Mahfood, Skottie Young. Forse Sam Kieth. Sto scrivendo ogni giorno a Ted McKeever x convincerlo a tornare sui suoi passi e fare comics. E Martoz. E Tommaso " Spugna " di Spigna. Tieniti forte. Chris Blain.
Viviamo davvero in tempi interessanti. Stay tuned.

MikiMoz ha detto...

Luigi, ottimo articolo e ottimo viaggio nel mondo di Dylan.
Che dire?
La nuova gestione non mi dispiace ma appunto sono i tempi a essere cambiati, e Dyd deve adeguarsi.
Ghost è una scelta vincente ma deve apparire più spesso.
Le storie di oggi sono molto meno dense rispetto a quelle del passato...

Memorie dall'Invisibile è il capolavoro assoluto, anche per l'ironia della pronuncia Dailan :)

Tocchi un tema particolare, l'horror. Ma sai una cosa? Forse oggi l'horror non fa più paura perché non ce n'è bisogno. Perché le paure sono altre e sono concrete, e hanno perso poesia nella loro brutale realtà.

Moz-

Luca Lorenzon ha detto...

Mi riconosco in buona parte della tua esperienza con Dylan Dog. Quando uscì io avevo 10 anni, quindi era il primo fumetto Bonelli di cui ero stato consapevolmente testimone della nascita. Credo che me ne prestò qualche copia un vicino di casa, padre di una mia amichetta di un anno più giovane di me, appassionato di fumetti. Ma credo che molti mi arrivarono per vie traverse vista una certa presenza di nudo in quei fumetti (in particolare sul primo speciale, "Il Club dell'Orrore" se ricordo bene).
Anch'io rimasi un po' male nel vedere che quel fumetto con cui mi sentivo quasi in contatto esclusivo era diventato praticamente una moda. Se non sbaglio Sclavi nella pagina della posta rispose a un lettore con le mie stesse perplessità che il motto "pochi ma buoni" era reazionario e che era meglio che Dylan Dog avesse più lettori possibili.
Per me Dylan Dog ha rappresentato un viatico per il fumetto d'Autore: se non avessero pubblicizzato sulle sue pagine i numeri di Comic Art che ospitarono "Gli Inquilini Arcani" (abbastanza deludenti da quanto ricordo) forse non mi sarei mai accorto della rivista!
Penso di averlo seguito con un certo interesse fino ai 14 anni o giù di lì, poi l'interesse scemò (me lo prestava un amico a cui io prestavo Lanciostory e Skorpio) fino a scomparire del tutto poco dopo.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Crepascolo:
"Con l'entusiasmo di una volta" mi sembrano paroloni grossi. Quell'entusiasmo di ieri tornerà difficilmente, perché a latere di tutti i discorsi che possiamo fare, la variabile dell'età non più "giovanotta" ridimensiona la questione e non poco.
Mi piace che le cose si evolvano, questo si. Ecco perché mi appaiono interessanti quasi tutti i nomi che citi. Sienkiewicz? Ashley Wood? Martoz? Christophe Blain? Ma magari!
Inoltre mi è sempre piaciuto lo stile di Jim Mahfood, ma su Dylan Dog ce lo vedo poco. Servono più donne scosciate e filosofia di strada.
Per un futuro color fest, io invece propongo Matticchio, Thomas Ott, Michael DeForge e Richard Sala, sotto una bella cover di James Jean.

@ Mikimoz:
Forse il problema non è che il personaggio sia incapace di cambiare ed evolversi (in realtà l'ha anche fatto), ma che i lettori si aspettano sempre di più di quello che effettivamente può dare. Perché è un'icona ancora in cima alle classifiche.
E il tuo discorso sull'horror non fa una grinza. Come scrivevo anche nel post, secondo me il successo del genere, è il successivo lento declino, è uno degli elementi fondamentali per capire i picchi di celebrità toccati da Dylan Dog. Ma non solo questo, ovviamente. Dylan Dog è stato uno dei primissimi protagonisti a fumetti a risultare davvero umano (prima di lui forse solo Ken Parker, ma in modo diverso) non rispettando il classico cliché dell'eroe tutto d'un pezzo. Prendeva schiaffoni, aveva il terrore dell'aereo e il mal di mare e spesso non era il fulcro delle proprie storie. L'associazione tra l'estremo realismo dei personaggi e le assurde e grottesche storie che viveva, ha deliziato più di un palato. Migliaia di palati.

@ Luca:
Quindi, cifra tonda, abbiamo la stessa età. Anche per me ha fatto da apripista, ma solo perché è stata una delle prime letture mature, insieme e a Tex. Forse non gli riconosco il merito, semplicemente perché le letture successive sarebbero arrivate comunque. Ma ricordo con molta intensità quegli anni passati a leggere i classici di Sclavi. Pochi anche per me, in realtà (ricordo che quando uscì Nathan Never nel '91 avevo già ben "metabolizzato" Dylan Dog), ma di sicuro intensi. E di certo, come tanti, a parte qualche sporadico albo, ho smesso di leggerlo con l'uscita del 100° episodio (la "chiusura" di Sclavi con quella storia, era molto più ragionata di quanto si possa pensare, immagino).

Cumbrugliume ha detto...

Concordo assolutamente su tutto, si vede che Dylan Dog è un fumetto che ha segnato la nostra crescita, come lettori e come persone. Anche io apprezzo la nuova fase recchioniana, anche perché si era giunti a un momento di stanca piuttosto preoccupante, e pur con qualche basso davvero basso (ahimé) si sente che la scossa ha fatto bene. Per il futuro spero in un coraggio ancora maggiore, perché chi non cambia muore!

Alligatore ha detto...

Ottimo pezzo ... spero di vedere, un giorno, il Nobel a Scalvi.

MikiMoz ha detto...

Vero quel che dici, ma ovviamente parliamo per l'Italia: altrove era un processo già in corso, e anche i grandi personaggi prima tutti d'un pezzo... entrarono in crisi^^
Comunque, per l'horror, oggi tentano di costruire delle icone ma non ci riescono. Forse sai cosa manca? Anche l'ironia.

Moz-

CREPASCOLO ha detto...

Al di là della celia , non sarei sorpreso se DAVVERO Bill Sienkiewicz disegnasse una - breve - storia di Dyd per un Color Fest. Non ho capacità divinatorie, ma avevo previsto Gipi e Ortolani tempo fa e prima che fossero resi noti i loro nomi come cartoonists coinvolti nel rilancio dello indagatore dell'incubo. BS pare interessato a lavorare da noi, considerato la storia - sicuramente horror considerato l'editore - in uscita x Lucca . Credo presto si parlerà di nuovo di lui perchè sta lavorando ad una cosa di Millar. Il suo Dylan non sarebbe così distante dalle cose di Cavenago o di Stano. E Rrobbè Recchioni sposa il personaggio con artisti che solo qualche anno fa non sarebbero mai stati al lavoro x SBE. Ho visto nel sito SBEllico che nel prossimo Color Fest sarà anch Nick Pellizzon...

LUIGI BICCO ha detto...

@ Michele:
Una scossa l'ha data eccome. La speranza è che non si sgonfi tutto come spesso accade. Vedremo.

@ Alligatore:
Addirittura? Non so :)

@ Mikimoz:
In effetti una delle criticità del nuovo horror (che sia cinematografico o letterario) è che si prende troppo seriamente.

@ Crepascolo:
Guarda. Ci potrebbe anche stare un contributo di Sienkiewicz in qualche forma. In fondo ha detto si a quelli di Edizione Inchiostro. Almeno una copertinetta per Dylan Dog (o per chiunque voglia) la potrebbe anche buttare giù.
Felice di Pellizzon sul Color Fest. Sono molto curioso di vedere le sue tavole.

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