Capita a volte che ti metti lì di santa pazienza a fare scatoloni, che a breve c'hai un trasloco che sai già che te lo ricorderai per parecchio tempo.
La parte che ti conviene subito inscatolare è proprio quella che riguarda i tuoi (maledetti) beneamati libri e fumetti. Guardi la tua libreria di due mentri e cinquanta dal basso come Davide guarda Golia. Quasi piangi a pensare a quanta roba devi spostare. Ce la farai? Li guardi e pensi che sono davvero tanti, troppi, anche per chi li ammucchia lì da più di venticinque anni.
Poi cominci timidamente con i primi scatoloni. Non è che ti vada molto di dare un ordine preciso. Magari ci penserai dopo, all'apertura, quando dovrai mettere di nuovo tutto a posto. Poi, voglio dire, la bellezza della tua libreria sta anche in quel disordine così certosino. Gli albi spaiati le file da due o tre colonne, una davanti all'altra sullo stesso scaffale, magari chi in verticale chi in orizzontale (come nella foto sopra, piccola parte della mia libreria). Ti viene da ridere in faccia a chi possa solo pensare per scherzo di prendere metri di libri finti per abbellire il proprio salotto. Magari è la stessa persona che guarda i film di De Sica (figlio) e nutre speranze di far carriera come opinionista sulla poltrona di una Barbara D'Urso qualsiasi. Se sei tra quelli che comprano chilate (o anche uno solo) di quei libri finti, sappi che hai tutto il mio disprezzo più feroce. Ma tra quelli che di solito passano da questa parti, non ce ne sono, potrei metterci la mano sul fuoco.
Comunque.
Dicevamo che cominci a mettere roba a caso negli scatoloni, chiudi le antine di cartone con lo scotch da pacchi e ci scrivi sopra cose del tipo:
La parte che ti conviene subito inscatolare è proprio quella che riguarda i tuoi (maledetti) beneamati libri e fumetti. Guardi la tua libreria di due mentri e cinquanta dal basso come Davide guarda Golia. Quasi piangi a pensare a quanta roba devi spostare. Ce la farai? Li guardi e pensi che sono davvero tanti, troppi, anche per chi li ammucchia lì da più di venticinque anni.
Poi cominci timidamente con i primi scatoloni. Non è che ti vada molto di dare un ordine preciso. Magari ci penserai dopo, all'apertura, quando dovrai mettere di nuovo tutto a posto. Poi, voglio dire, la bellezza della tua libreria sta anche in quel disordine così certosino. Gli albi spaiati le file da due o tre colonne, una davanti all'altra sullo stesso scaffale, magari chi in verticale chi in orizzontale (come nella foto sopra, piccola parte della mia libreria). Ti viene da ridere in faccia a chi possa solo pensare per scherzo di prendere metri di libri finti per abbellire il proprio salotto. Magari è la stessa persona che guarda i film di De Sica (figlio) e nutre speranze di far carriera come opinionista sulla poltrona di una Barbara D'Urso qualsiasi. Se sei tra quelli che comprano chilate (o anche uno solo) di quei libri finti, sappi che hai tutto il mio disprezzo più feroce. Ma tra quelli che di solito passano da questa parti, non ce ne sono, potrei metterci la mano sul fuoco.
Comunque.
Dicevamo che cominci a mettere roba a caso negli scatoloni, chiudi le antine di cartone con lo scotch da pacchi e ci scrivi sopra cose del tipo:
ALAN MOORE
HELLBOY
VALIANT+ VARI
HELLBOY
VALIANT+ VARI
Che tanto non ti servirà a un granchè, ma la cosa ti mette tranquillità addosso. Ti capita quindi di aprire anche quella parte bassa della libreria, quella con le ante, che non aprivi da forse sei, sette o otto anni. Ci trovi delle cose delle quali ti ricordi perfettamente, ma che prima di mettere nella scatola gli dai un'occhiata veloce di sbieco, quasi come se non fosse roba tua. Perchè certe cose, certi albi, sono legati a filo doppio a certi ricordi.
E infatti te li ricordi bene quei due numeri del Punitore della Star. Il 16, il 17 e via di seguito, dico. Quelle copertine ti raccontano delle cose e ti portano indietro nel tempo, ad un novembre freddo di ventuno anni fa, quando al riparo tra le mura di casa li sfogliavi avidamente. Che c'era il Dottor Destino (e che c'entrava il Dottor Destino col Punitore, ti chiedevi), c'era Mike Baron che scriveva le storie e anche Jim Lee quando era davvero uno con le palle che ti dovevi solo togliere il cappello davanti alle cose che faceva.
E c'era pure il Moon Knight di Bill Sienkiewicz. Scusate se è poco.
Oppure, eccolo là, il Ghost Rider di Mark Texeira. Ma in All American Comics c'era pure Rom the SpaceKnight (del quale hai avuto ampiamente modo di parlare qui).
E c'erano pure i Difensori che già allora erano roba per vecchi nostalgici, ma a te piacevano un botto.
Oppure ecco il pacco di Corto Maltese, la rivista della Rizzoli/Milano Libri. Una rivista a fumetti di meraviglioso splendore. Pratt, Manara, Crepax, Altan, Micheluzzi, Pazienza, Battaglia, Giardino, Moebius, Toppi, Ghigliani, Gould, Munoz. Quanti nomi. E quanto ti dovrebbero tremare i polsi solo a sentirne parlare. E lo sai che puoi sbattere la testa quanto vuoi, ma quei nomi non ci sono più e pochi, pochissimi, hanno preso il loro posto.
Ti ricordi le prime impressioni e le sensazioni che provavi quando leggevi le avventure di Corto le prime volte? Quando eri seduto sul letto con la schiena poggiata alla spalliera. Che ogni paio di pagine dovevi guardare fuori dal balcone quel cielo carico di cattive intenzioni per tornare alla tua realtà e non rimanere prigioniero di Pratt e dei suoi tramonti in bianco e nero.
Per tacere poi delle centinaia di albi Bonelli con i quali (come sottolineavo qui) sono cresciuto e pasciuto insieme a migliaia di altri giovanotti baldanzosi. Tutti accomunati dalla voglia di andare oltre la finestra della propria cameretta, per approdare in posti altrimenti irraggiungibili.
Poi ti passano per le mani anche un po' di quei vecchi numeri delle Sturmtruppen Storiken delle edizioni Vincent. Quante risate, cazzo. Qualcuno di quei numeri arrivava da Torino, nei dicembre passati a trovare i parenti lontani. E allora capitava che, in una cesta di vimini o sotto un comodino, trovavi uno di quei Bonvi che aveva comprato un qualche tuo zio e leggevi appagato e immerso in quella sensazione che provi solo quando sei in un posto nuovo e tutto da esplorare (che mica allora ci avresti mai creduto, che a Torino ci saresti finito a vivere e a lavorare).
Però poi, tra una risata e l'altra, mentre a spizzichi e bocconi butti l'occhio qua e là, succede che ti cade lo sguardo sui bordi sfrangiati delle pagine di certi albi. Metti a fuoco e noti che quelle pagine sono pure parecchio ingiallite. E che c'è un odore, in mezzo alle vignette, di stantìo, già di antico.
Corrucci la fronte e cominci a guardarti intorno e osservi meglio quello che hai già messo via. Vedi pagine ingiallite dal tempo dappertutto, ora. Anche parecchi Bonelli, da metà anni '90 a tornare indietro, si stanno incartapecorendo (soprattutto i Nathan Never, chissà perchè). Anche perchè non sei di quei tipi lì che sistemano tutto nelle bustine di plastica, che a quel livello non ci sei mai voluto arrivare. E quindi alla fine ti chiedi quanto valga la pena portarsi dietro per sempre certe cose, se per loro il tempo passa più velocemente che per te.
E davvero necessario che tu tenga tutto? Quante volte riaprirai, in futuro, alcune di quelle pagine? Tenendo conto anche del fatto che, a parte rare (e dovute) occasioni, non ti piace rileggere la stessa cosa più di una volta.
E' qui la malattia del collezionista? Infilare roba in scatoloni e in antri nascosti della tua libreria per poi tirarla fuori e avercela di nuovo sotto gli occhi solo nel caso tu debba traslocare di nuovo?
Le cose che hai nella tua libreria, ti rendi conto, hanno tutte meritato, chi più chi meno, il tempo che hai dedicato loro. Ma forse, il fatto che debbano rimanere con te tutto il tempo, è solo cibo per il tuo ego. Che se viene qualcuno a casa tua, puoi mostrargli quante cose hai.
E' questo?
Rifletti sul fatto che questa amarissima realtà (come dicono anche gli Elii) è durissima da accettare e mandare giù. Ma che di verità vera potrebbe trattarsi.
Poi senti migliaia di voci che ti chiamano per nome.
E capisci.
Non si tratta di albi a fumetti o di pagine ingiallite. Si tratta di amici.
E ognuno di loro ti ha raccontato una storia diversa.E tu li butteresti via, degli amici?
No, loro vengono con te.
E quando muori, al limite, se ne riparla.
E infatti te li ricordi bene quei due numeri del Punitore della Star. Il 16, il 17 e via di seguito, dico. Quelle copertine ti raccontano delle cose e ti portano indietro nel tempo, ad un novembre freddo di ventuno anni fa, quando al riparo tra le mura di casa li sfogliavi avidamente. Che c'era il Dottor Destino (e che c'entrava il Dottor Destino col Punitore, ti chiedevi), c'era Mike Baron che scriveva le storie e anche Jim Lee quando era davvero uno con le palle che ti dovevi solo togliere il cappello davanti alle cose che faceva.
E c'era pure il Moon Knight di Bill Sienkiewicz. Scusate se è poco.
Oppure, eccolo là, il Ghost Rider di Mark Texeira. Ma in All American Comics c'era pure Rom the SpaceKnight (del quale hai avuto ampiamente modo di parlare qui).
E c'erano pure i Difensori che già allora erano roba per vecchi nostalgici, ma a te piacevano un botto.
Oppure ecco il pacco di Corto Maltese, la rivista della Rizzoli/Milano Libri. Una rivista a fumetti di meraviglioso splendore. Pratt, Manara, Crepax, Altan, Micheluzzi, Pazienza, Battaglia, Giardino, Moebius, Toppi, Ghigliani, Gould, Munoz. Quanti nomi. E quanto ti dovrebbero tremare i polsi solo a sentirne parlare. E lo sai che puoi sbattere la testa quanto vuoi, ma quei nomi non ci sono più e pochi, pochissimi, hanno preso il loro posto.
Ti ricordi le prime impressioni e le sensazioni che provavi quando leggevi le avventure di Corto le prime volte? Quando eri seduto sul letto con la schiena poggiata alla spalliera. Che ogni paio di pagine dovevi guardare fuori dal balcone quel cielo carico di cattive intenzioni per tornare alla tua realtà e non rimanere prigioniero di Pratt e dei suoi tramonti in bianco e nero.
Per tacere poi delle centinaia di albi Bonelli con i quali (come sottolineavo qui) sono cresciuto e pasciuto insieme a migliaia di altri giovanotti baldanzosi. Tutti accomunati dalla voglia di andare oltre la finestra della propria cameretta, per approdare in posti altrimenti irraggiungibili.
Poi ti passano per le mani anche un po' di quei vecchi numeri delle Sturmtruppen Storiken delle edizioni Vincent. Quante risate, cazzo. Qualcuno di quei numeri arrivava da Torino, nei dicembre passati a trovare i parenti lontani. E allora capitava che, in una cesta di vimini o sotto un comodino, trovavi uno di quei Bonvi che aveva comprato un qualche tuo zio e leggevi appagato e immerso in quella sensazione che provi solo quando sei in un posto nuovo e tutto da esplorare (che mica allora ci avresti mai creduto, che a Torino ci saresti finito a vivere e a lavorare).
Però poi, tra una risata e l'altra, mentre a spizzichi e bocconi butti l'occhio qua e là, succede che ti cade lo sguardo sui bordi sfrangiati delle pagine di certi albi. Metti a fuoco e noti che quelle pagine sono pure parecchio ingiallite. E che c'è un odore, in mezzo alle vignette, di stantìo, già di antico.
Corrucci la fronte e cominci a guardarti intorno e osservi meglio quello che hai già messo via. Vedi pagine ingiallite dal tempo dappertutto, ora. Anche parecchi Bonelli, da metà anni '90 a tornare indietro, si stanno incartapecorendo (soprattutto i Nathan Never, chissà perchè). Anche perchè non sei di quei tipi lì che sistemano tutto nelle bustine di plastica, che a quel livello non ci sei mai voluto arrivare. E quindi alla fine ti chiedi quanto valga la pena portarsi dietro per sempre certe cose, se per loro il tempo passa più velocemente che per te.
E davvero necessario che tu tenga tutto? Quante volte riaprirai, in futuro, alcune di quelle pagine? Tenendo conto anche del fatto che, a parte rare (e dovute) occasioni, non ti piace rileggere la stessa cosa più di una volta.
E' qui la malattia del collezionista? Infilare roba in scatoloni e in antri nascosti della tua libreria per poi tirarla fuori e avercela di nuovo sotto gli occhi solo nel caso tu debba traslocare di nuovo?
Le cose che hai nella tua libreria, ti rendi conto, hanno tutte meritato, chi più chi meno, il tempo che hai dedicato loro. Ma forse, il fatto che debbano rimanere con te tutto il tempo, è solo cibo per il tuo ego. Che se viene qualcuno a casa tua, puoi mostrargli quante cose hai.
E' questo?
Rifletti sul fatto che questa amarissima realtà (come dicono anche gli Elii) è durissima da accettare e mandare giù. Ma che di verità vera potrebbe trattarsi.
Poi senti migliaia di voci che ti chiamano per nome.
E capisci.
Non si tratta di albi a fumetti o di pagine ingiallite. Si tratta di amici.
E ognuno di loro ti ha raccontato una storia diversa.E tu li butteresti via, degli amici?
No, loro vengono con te.
E quando muori, al limite, se ne riparla.
9 commenti:
Mamma mia, bellissimo post (e bella libreria).
Spero di non dover traslocare mai. Anche con la bambina al momento siamo sul largo.
Sono d'accordo (anzi di più) sulla tua visione, nel corso degli hanni ho dato via tanta roba e per alcune cose ancora mi pento.
Si dice che la parabola dell'appassionato di fumetti sia più o meno questa:
1) ti affezioni agli eroi di carta da (pre)adolescente
2) Ad un certo punto scopri altro (solitamente le donne o forse gli uomini, non so bene come funzioni per l'altra metà del cielo)
3) Passa il tempo e ti accorgi che quell'affetto era amore. Da qui rimpianti e dolorosi recuperi. E pile di libri e fumetti ovunque.
PS: chi cazzo è che si compra i libri finti? Non sono meglio i ciapapuer a sto punto? Più dignitosi.
proprio un bel post. ciao.
@ Dario:
Sottoscrivo appieno i tuoi tre punti. Parole sante. E in realtà, i libri finti, possono essere considerati a tutti gli effetti dei ciapapùer (prendi polvere, soprammobili inutili, per chi non è delle parti di Torino) :)
@ Matteo:
Grazie, Matteo. Sei gentile.
Prima dei complimenti, due piccole precisazioni:
1)attento gg, che dire i "film di de sica" per me significa ancora i film di "DE SICA" (intendendo il senior), e vorrei che la definizione rimanesse attribuita a lui! Gli altri li definirei i "film di natale" o, usando un termine abusato e quindi noioso ormai più dei film stessi, i cinepanettoni", oppure semplicemente aggiungici un "christian" davanti (con o senz'acca poi?? bho..)...c'è "de sica" e "de sica";
2)questa foto è persino vecchia di almeno un paio d'anni! Sai quanti altri nuovi amici sono arrivati nel frattempo??
Comunque, bello, bellissimo post.
@ Ari:
1. Ahia che gran brutta caduta di stile, la mia. Brava ad aver sottolineato la cosa. Ovviamente ho già provveduto aggiungendo la dicitura "(figlio)" dopo il nome.
2. Verissimo. E chi meglio di te, lo sa? Mancano tutti i nuovi pezzi con le cover rivolte verso l'esterno e un paio di strati a casaccio (la foto risale al 2006, pensa). Devo ricordarmi di fotografare la libreria prima di smontarla pezzo pezzo :)
Ottimo articolo. Gli albi a fumetti si possono considerare veri e propri frammenti di vita per chi, come noi, si è lasciato catturare da ogni pagina, da ogni vignetta, da un'inquadratura, da un baloon, da un suono onomatopeico.
Altro che oggetti di transizione.
Ciao!
In realtà di transizione si potrebbe parlare, ma solo dopo aver effettuato la prima lettura. Ma come dicevo, ciò non cambia il "peso" della loro presenza. Sarebbe come buttare via un cd dopo averlo ascoltato una volta (per dire :)
Mi associo ai commenti "bellissimo post" e ci aggiungo anche un "commovente" (anche se ho una libreria ben più povera e sono di natura stanziale)!
Due cose: ma le tavole di Sienkiewicz, Pratt ecc. sono tavole originali? Per la miseria! Altro che "colli-prùere" (attira-polvere, per i non-sardi)!
E poi: la scritta di default "Ti potrebbero anche interessare" in coda al post non trovi che stavolta possa essere letta in più modi? Prova a leggere in sequenza le ultime tre frasi...
Un saluto e buon trasloco! Fai con calma, eh
Caro Angelo, mi piacerebbe tanto dirti di essere il possessore di quelle gloriose tavole a fumetti, ma così non è. Semplicemente preferisco inserirle nella loro forma originale da ComicArtFans, postate lì dai rispettivi proprietari, collezionisti ricchi e folli oltre ogni dire. Magari, tra l'altro, visto che non so quanto possa valere ad esempio la tavola di Sienkiewicz. Indubbiamente parecchio.
E' vero. "Ti potrebbero anche interessare" dopo il concetto di morte, in effetti, ha un retrogusto di ultraterreno :)
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