27.3.17

Il teatro secondo Tarantino

In colpevolissimo e lieve ritardo (appena un annetto, via), ho finalmente visto The Hateful Eight, l'ultima fatica di Quentin Tarantino, arricchita da una pletora di caratteristi di un certo spessore. Ma...


E' un film di Tarantino e si vede. La questione, vengo subito al nocciolo, è che The Hateful Eight è il primissimo film in assoluto del regista ad aver solleticato più di qualche dubbio (anche se già con Django Unchained si è intravista una linea piatta, appena dietro la storia).
The Hateful Eight essenzialmente NON è un western, NON è un thriller, NON è una commedia nera. A volte dire di un prodotto cinematografico che "sfugge alle etichette" è voler rimarcare che si tratta di cinema purissimo, senza orpelli. Purtroppo, come in questo caso, non è sempre vero.
Non è un film d'azione come qualcuno poteva sperare e non è nemmeno così tanto un film intimista come qualcun altro sperava o come altri hanno detto. Un film girato su due location in tutto (in carrozza per mezz'ora e in un emporio per altre due ore e dieci) è un'idea selvatica e molto affascinante che ha affrontato solo uno stuolo di coraggiosi registi (tra questi indubbiamente lo stesso Tarantino, così come Roman Polanski o Tommy Lee Jones).


Immagino che Tarantino abbia letto l'Hotel Azzurro di Stephen Crane, tra l'altro, o che sappia quanto meno della sua esistenza, visto che la storia, ambientata qualche anno dopo la Guerra Civile Americana, è  quella di un gruppo di personaggi (gli "odiosi otto" quelli principali, ma più di una dozzina quelli reali) che per ripararsi da una brutta tempesta di neve in Wyoming, si chiude al riparo in un emporio.
Samuel Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins, Tim Roth, Michael Madsen e Bruce Dern, tutti bravissimi, dal primo all'ultimo, basterebbero da soli a reggere le sorti di un film di ben due ore e quaranta. E in effetti è esattamente quello che accade, senza andare troppo più in là.
E una storia talmente esile da essere quasi inesistente, si pone in secondo piano per dare spazio al confronto tra gli attori in scena.
Si chiama teatro. E infatti credo sia stato portato anche lì.




The Hateful Eight non è altro che una scrittura sacra, un'autentica esegesi del cinema secondo Tarantino. Tanti dialoghi taglienti, davvero lunghi, qualche scena grandguignolesca (un paio sempre di troppo), lo humor nerissimo, la divisione in capitoli, i personaggi. Un cinema che ama alla follia i vezzi del proprio autore e un autore che ama alla follia il cinema.
Il regista americano, insomma, ma questo lo sapevamo da tempo, ama la propria visione del cinema fino all'autocitazionismo plateale, senza prendere mai in considerazione l'idea che potrebbe trattarsi di un cane che cerca di mordersi la coda restando impantanato sempre nella stessa pozzanghera.


La cosa curiosa è che proprio perché conosco Tarantino, questo film mi ha lasciato qualche dubbio. Se The Hateful Eight fosse stato il suo primo film, probabilmente mi sarei innamorato del regista più di quanto non accadde all'epoca guardando Le Iene. Ed è forse questo il motivo per il quale, nonostante tutte le critiche di cui sopra, se tali possono essere considerate, alla fin fine mi sono goduto tutto il film per tre ore filate, senza mai avere voglia di alzare il culo dal divano. Esattamente come il Generale Smithers.

7 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Tre ore sono troppo per me. Mi toccherà scaricarlo dall'on demand di Sky e vederlo uno zinzino alla volta di notte quando tutto tace. Diciamo dopo che avrò finito tutti i Paperinik di Crepascolino. E le storie di Fantomius.
Anche Jackie Brown perplesse qualche critico ed uno spicchio del fandom. Wiki dice che divenne un cult sulla distanza. Ricordo i sorrisetti di chi disse che il regista aveva cercato di fare il passo + lungo della gamba... di Kurosawa. Nulla di nuovo. Al tempo di Amore e Guerra ( 1975 ndr ), i critici accusarono Allen di aver tentato di rifare Bergman e Woody disse all'incirca " Bergman ? ma allora sono stato bravo! ".
Spero che Quentin ci cucini per il futuro la storia di Rodolfo Sonego e Alberto Sordi e Mario Monicelli che sono la stessa persona , come in un Legion applicato alla storia del nostro cinema postneorealismo. Mi pare che sia una vicenda che possa dire qualcosa a noi di Tarantino x tacere di quanto rivelerà alla persona che vede ogni mattina nello specchio del bagno quando si rade. Non + di ottanta minuti. Il tizio si guarda allo specchio e di volta in volta vede Rudy o Albertone o il Maestro Monicelli.
Una parte della critica riciclerà i sorrisetti acidi di quando Tornatore scodellò il kafkiano Una Pura Formalità. So goes life.

Marco Bertoli ha detto...

Primo film di Tarantino che non sono andato a vedere e che non vedrò se non costretto 'at gunpoint'.

Tarantino aveva cominciato a deludermi molto gravemente con "Kill Bill", soprattutto il secondo, e poi con quei due filmetti usciti simultaneamente una decina d'anni fa, hai capito quali dico, due fesserie che almeno si presentavano come tali; ma "Inglorius Basterds" mi era parsa una vera, arrogante cavolata, e "Django" credo sia il film più brutto che io abbia mai visto. Con Tarantino ho chiuso allora, non credo possibile un suo ricupero, perché con sinistra pertinacia è riuscito a sbriciolare completamente e oltre rimedio qualunque talento avesse.

(Sono stato abbastanza pomposo?)

LUIGI BICCO ha detto...

@ Crepascolo:
Mah. A me invece piacerebbe proprio che Tarantino tornasse a dirigere qualcosa come Jackie Brown.

@ Marco:
Haha. Si, si, sei stato abbastanza pomposo. Di sicuro è chiaro come la pensi. In realtà credo che "Kill Bill" o "Inglorious Basterds" abbiano un loro perché. Sono un gioco. Se ho voglia di giocare, lo faccio con mio figlio o vado in un campetto di basket. Tarantino, invece, sopprime la sua voglia di gioco facendo direttamente un film. Il suo talento "registico" non è poi così tanto in discussione. Il fatto è che spesso, troppo spesso, la voglia di giocare ha fatto si che mettesse da parte certe sfumature che erano venute fuori ai suoi inizi (come dicevo a Crepascolo nel commento sopra, a me piacerebbe che tornasse a girare qualcosa di semplice come "Jackie Brown").
Per quanto riguarda i filmetti di una decina di anni fa che citi, immagino che tu ti riferisca a Grindhouse (film in due parti di cui Tarantino ne girò solo una, l'altra era di Rodriguez), ed è l'ennesimo giochino. Un tentativo di riportare nelle sale l'exploitation di quando era ragazzo.
Insomma, si. Credo che il Tarantino di Pulp Fiction non tornerà più. A me basterebbe che uscisse dallo stanzino in cui si è rinchiuso adesso. Ad esempio, questa fissa per il western (lo sarà anche il suo prossimo film), a me non convince molto.
Vedremo. Se dovesse arrivare qualcosa di buono, ce ne accorgeremo.

P.S.: Comunque meglio The Hateful Eight che Django, eh. Quindi se ti capita, dagli un occhio.

MikiMoz ha detto...

Ma il mio commento è sparito? :o

Moz-

LUIGI BICCO ha detto...

Prima di questo, non è pervenuto nessun altro commento. Ma adesso che ci penso, ieri sera c'erano problemi col captcha. Qualcosa sarà successo.

Problemi del captcha :)

La firma cangiante ha detto...

Quando scrissi il mio parere sul film dissi come il pregio maggiore del film stava nella cifra stilistica del regista e come i difetti fossero ascrivibili all'incontenibile cifra stilistica del regista.

Se Tarantino avesse osato di più, ma questa volta in sottrazione più che nel calcare la mano sui suoi stilemi (cosa fatta già parzialmente), a mio avviso avremmo potuto avere un capolavoro western di stampo vicino al classico (con i dovuti distinguo).

Imperfetto, ma a me è piaciuto molto.

LUIGI BICCO ha detto...

E avevi ragione. Sottoscrivo ogni riga. Speriamo solo che con il prossimo (un altro western), Tarantino possa tornare con i piedi un tantino a terra.

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