30.12.15

Ghost in the Machine Under the Christmas Tree


Io e mia moglie non abbiamo mai avuto bisogno di spendere dei soldoni per farci un regalo. Più che mai in questo periodo dove, come sai, si cerca di fare più attenzione alle spesucce. Sotto l'albero, per me, è arrivato dunque un bel vinile. Non di quelli rimasterizzati di fresco, bensì un bell'originale del 1981. Come avrai capito dal titolo del post e dalla cover qui sopra, si tratta del Ghost in the Machine dei Police.

Gordon Sumner, Stewart Copeland e Andy Summers erano brava gente nata dalla scena punk rock londinese alla fine degli anni '70 e con la quale io sono cresciuto a partire da qualche anno più tardi. Ancor di più, col passare del tempo, con le opere da solista di quel figlio di un lattaio e di una parrucchiera di Newcastle che risponde al soprannome di Sting (chiamato così per via del maglione a strisce gialle e nere che indossava durante le sue primissime esibizioni nei locali di musica jazz della sua città).


I classici del gruppo li conosci più o meno tutti anche tu, ma le cose più belle dei Police sono da ricercare tra quelle meno note, sin dai loro inizi. Vedi ad esempio quando da una parte incidevano Nothing Achieving con Henry Padovani alla chitarra al posto di Summers e dall'altra suonavano con Summers ma si chiamavano Strontium 90, suonando cose mirabili come New World Blues. Di pezzi da citare ce ne sarebbero parecchi, la Next to You nell'album ufficiale del debutto, Outlandos d'Amour, la Bring on the Night in Regatta de Blanc o When the World is Running Down, You Make the Best of What's Still Around in Zenyatta Mondatta. E parecchie altre.

In Ghost in the Machine ci trovi alcuni di quei grandi classici di cui ti dicevo come Every Little Thing She Does Is Magic, Invisible Sun o Demolition Man, ma anche chicche mai passate per radio che rappresentavano, allora come oggi, la vena più autoriale e moderatamente "selvatica" della band inglese. Fulgido esempio ne è il brano che chiude il disco, Darkness, una breve ma intensa composizione di mister Stuart Copeland.

Disco (ri)ascoltato, regalo (molto) apprezzato.


6 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Puoi lasciare il punk, ma il punk non ti lascia mai ( Razor Marzullo ). I Pulotti di Copeland ( il nome pare sia uno sfregio al papà di Stewart che era un militare di carriera ) erano considerati troppo perfettini sin dal loro primo album ed effettivamente con il senno di poi sono lontanucci dalla My Way di Syd.
Il titolo Ghost in The Machine, preso in prestito da Arthur Koestler, era un modo ironico di rispondere alle accuse di chi li considerava senza anima, ma un androide può piangere, come sanno tutti i lettori degli Avengers, ed il trio provò qualcosa di diverso con qualche traccia crepascolare come Darkness e Secret Journey.
Come al solito, le tracks dell'equino Copeland e del mite Summers ( prendo a prestito le descrizioni dei pards da una bio di Sting che ho prestato ad un tale 20 anni fa e che ancora attendo torni da papà )sono poco + che concessioni in raccolte ripiene di Sting.
Dopo tutto questo tempo non posso non guardare i diodi della sveglia sul comodino senza pensare al disco che deve esser da qualche parte nella cantina dei miei.

Patrizia Mandanici ha detto...

Ah che coincidenza, poco tempo fa avevo riascoltato alcuni brani di quest'album che all'epoca consumai nell'ascolto, ho realizzato quanto siano belli quei brani, specie i meno famosi (Every Little Thing She Does Is Magic è quella che mi piace meno). L'LP non posso più riascoltarlo per mancanza di tecnologia, sono indecisa se comprarmi il cd o la versione Mp3.

Viktor ha detto...

Occhio ad associare Police e Punk: Gordon potrebbe non gradire...vallo a capire, io la penso come te!
Adoro il terzetto, ma questo disco e Zenyatta, secondo il mio personalissimo e modestissimo parere, sono i loro lavori meno riusciti; tuttavia i primi tre pezzi di Ghost sono splendidi e l'intro di Invisible Sun fa ancora venir la pelle d'oca.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Crepascolo:
Vera la questione delle "raccolte piene di Sting". Il buon Gordon Sumner ha scritto la maggior parte di testi e musiche, avviandosi di fatto verso una carriera da solista già annunciata.
I Police hanno venduto qualcosa come 80 mila dischi in tutto il mondo. Non male per chi li definiva senza anima :)

@ Patrizia:
Oppure potresti semplicemente aprire (nel caso tu non lo avessi già fatto) un account base gratuito su Spotify ed ascoltardo in buonissima qualità ogni volta che ti pare :)

@ Viktor:
No, no. Non associo. I POlice sono effettivamente nati dalla scena punk inglese (lo dimostrano i lori primissimi singoli) ma se ne sono presto distaccati per provare strade nuove e intingere la propria musica in generi diversi. Cosa che per altro ho sempre apprezzato. Gli sperimentatori vanno premiati sempre e comunque. In ogni caso a me quest'album piace parecchio. Preceduto da Outlandos d'Amour e Synchronicity, ovviamente.

CyberLuke ha detto...

Ah, l'intro di invisible Sun... in effetti, era (anzi, è) da brividi.
Non sono mai stato un estimatore dei Police, al di là della solita manciata di tracce da best of, ma questo è il loro unico cd che posseggo persino io.
E quella copertina... che capolavoro.

LUIGI BICCO ha detto...

Meraviglia, quella cover, si. I soliti paranoici dicono che vista riflessa allo specchio, presenta il 666. In realtà ricordo di aver letto che si tratta di un'elaborazione grafica al "computer" di tre loro foto. I loro volti, insomma. Quello al centro col ciuffo è Andy Summers, ovviamente :)

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