14.10.15

Sherlock, le prime (e per ora uniche) tre stagioni. Tutta la fresca bellezza della serie in 9 punti


Sherlock, lo saprai, è una serie tv britannica della BBC che prende il mito dell'investigatore più celebre di sempre, quello di Conan Doyle, e lo porta ai giorni nostri. Partita nel 2010, la serie ora conta tre stagioni all'attivo, una quarta in preparazione e l'episodio speciale natalizio che passerà prima dalle parti del cinema (e del quale ti ho parlato proprio un paio di post fa).

Riproposizioni di questo tipo sono all'ordine del giorno. Basti pensare che, più o meno nello stesso periodo, la CBS americana volle la propria versione di uno Sherlock Holmes moderno e così nacque Elementary. Ma Elementary è una robetta che funziona poco e non ha ciccia intorno, perché non riesce ad andare oltre i cliché del caso.

E cosa rende invece Sherlock una serie tv brillante e divertente, tra le migliori produzioni del genere degli ultimi anni e che ha sulla mensola una serie spaventosa di premi e candidature?


1 - LA STRUTTURA. 
Non si parla della classica serie tv. Ogni stagione di Sherlock è composta da soli tre episodi. Ogni episodio dura un'ora e mezza. Siamo a metà strada tra un classico episodio televisivo e un lungometraggio. Questa cosa dà respiro vigoroso alle vicende. E non poco.

2 - GLI ATTORI. 
Mettila come vuoi, ma una serie che può vantare a registro un paio di attori come Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, non può non essere almeno una roba interessante. Ok che i due all'epoca non erano celebri come lo sarebbero diventati da lì a poco, ma è proprio grazie alle interpretazioni in Sherlock che i cancelli si sono aperti: il primo (attorone cinematografico di grande spessore, secondo chi scrive) ha visto la propria consacrazione al cinema in film come 12 Anni Schiavo, Il Quinto Potere, Star Trek - Into Darkness e The Imitation Game (e prossimamente te lo troverai protagonista del film dedicato al Dottor Strange). Il secondo è stato chiamato prima da Peter Jackson al cinema per la sua trilogia, Lo Hobbit, e poi dai fratelli Coen di nuovo per la tv, per Fargo (e pure di questa abbiamo già parlato).


3 - LA REGIA. 
I vari episodi sono girati bene e con un certo piglio. I registi sono diversi, ma tra gli altri vanno citati personaggi di una certa esperienza come Paul McGuigan (The Acid House, Slevin - Patto Criminale) o Coky Giedroyc (Penny Dreadful e The Killing). In generale a tutti sembrano essere concessi picchi e vezzi di solito non presenti in altre produzioni inglesi (da quelle parti, la serie meglio girata degli ultimi anni era Luther).
Montaggi creativi, fotografia brillante e storyboarding di alto livello. Insomma, parecchi episodi sono una manna per gli occhi.

4 - LA SCRITTURA. 
Dal soggetto alla sceneggiatura, la serie ha sempre visto alla macchina da scrivere l'affiatata coppia composta da Steven Moffat e Mark Gatiss. Moffat è anche uno degli autori più geniali di Doctor Who (degli episodi più belli, in pratica) e ha scritto anche Tintin - Il Segreto dell'Unicorno per Spielberg. Gatiss in realtà è molto più noto come attore e infatti nella serie interpreta anche (e meravigliosamente) Mycroft, il fratello di Sherlock.
 

5 - LA RILETTURA. 
Ci andava poco a fare un disastro (chi ha detto Elementary?), ma quelli della BBC sono partiti da un imperativo: l'opera originale di Conan Doyle è sacra (ma con moderazione). Già a partire dai titoli è chiaro quanto si sia voluto omaggiare il canone sherlokiano (Uno Studio in Rosa, Scandalo a Belgravia, I Mastini di Baskerville, Il Segno dei Tre...). Ma anche i vari personaggi, curati e sfaccettati fino allo sfinimento, rispettano per certi versi quelli originali (esempio: Mycroft Holmes lavora davvero per i servizi segreti britannici, ma qui è molto più potente di quanto non fosse il Mycroft di Doyle).
Anche l'approccio di Sherlock al vaglio delle prove risulta classico ma ben curato. Poco ci voleva per finire in facili manierismi o in uscite stucchevoli, ma qui il protagonista è dipinto come un autentico genio della deduzione che riesce sempre a spiegare in modo efficace le proprie conclusioni (tranne in un paio di occasioni appena).


6 - I PROTAGONISTI. 
Come sarebbe davvero un tipo come Sherlock Holmes ai giorni nostri? Probabilmente proprio come lo hanno dipinto Moffat e Gatiss in questa serie, "un sociopatico ad alto rendimento", cinico, egocentrico e tremendamente annoiato quando non è al lavoro su un caso. Consulente quasi ufficiale di Scotland Yard, Sherlock cammina sempre a cavallo tra luci e ombre e sfugge a tutti i costi (fino allo sfinimento) a quella che potrebbe essere considerata una vita ordinaria.
Il caro dottor Watson, dal canto suo, è un ex ufficiale medico, reduce della guerra in Afghanistan. Portamento militare, testa quadrata, andamento zoppo per via di una scheggia di granata nella gamba, John segue una terapia psichiatrica per cercare di far luce in certi posti bui. Anche lui sfugge ad una vita normale, ma non ha la forza di ammetterlo. Ecco perché decide di seguire Sherlock nelle sue scorribande. Ecco perché, come l'originale di Doyle, riporta per iscritto le gesta del detective (ma qui lo fa tramite un seguitissimo blog).


7 - I PERSONAGGI.
Tutti di estrazione doyliana. I buoni: l'ispettore Greg Lestrade, Mycroft HolmesMrs. Hudson, il medico patologo Molly Hooper, Mary Morstan o la bella ma pericolosa Irene Adler (interpretata da una splendida e bravissima Lara Pulver). E i cattivi: Jim Moriarty e Charles Augustus Magnussen tra gli altri. Tutti come da canone, tutti profondamente diversi (Magnussen, per dire, ha solo un ruolo marginalissimo nelle storie di Doyle, mentre qui assume le sembianze di un mefistofelico, pericolosissimo antagonista).

8 - L'IRONIA.
Non è un valore marginale, quello dell'ironia. Sovente i momenti di tensione sono stemperati da divertenti siparietti, ma non di quelli che puoi trovare ovunque. Non si tratta solo di humor all'inglese, tanto per intenderci. E' per tutti e fa davvero tanto ridere. E' un modo di fare ironia pungente e cinico e sempre molto misurato. Non la si fa mai fuori dal vaso, non si eccede, non ci si perde cercando la risatina facile.


9 - I COLPI DI SCENA.
Non accade quasi mai quello che ti aspetteresti. In questo senso, Moffat e Gatiss sono perfettamente in grado di sorprenderti. Ogni trovata è un piccolo gioiello, ogni piega che prende la vicenda principale nasconde un prezioso tesoretto pronto a farti sgranare gli occhioni.
In certi casi sembra addirittura non esserci una regola e la cosa è spiazzante, ma funziona. Un esempio? Arriva a guardare il terzo episodio della terza stagione (L'ultimo giuramento) e poi sappimi dire.

Sono nove punti, ma potrei trovarne altrettanti. In realtà mi sono dilungato sin troppo nel cercare di descrivere una serie che semplicemente funziona a meraviglia, studiata come poche per quanto riguarda la scrittura e interpretata magistralmente anche dalle figurine sullo sfondo.
Dice, "da come ne parli sembra la serie del secolo". Non ho detto questo, ma si fatica parecchio a trovare cose sbagliate.

E se proprio fossi costretto a citare cose brutte, riuscirei a tirarne fuori a stento un paio: un'arma improbabile (stagione 3, episodio 2, Il Segno dei Tre) e la semplicità con la quale i due protagonisti riescono ad entrare ed uscire da una base militare (stagione 2, episodio 2, I Mastini di Baskerville). E ce n'é un'altra, ma riguarda il solo doppiaggio italiano: la voce del protagonista, per quanto risulti convincente, fine e acuta, impallidisce letteralmente posizionandosi all'estremo opposto rispetto della voce originale di Cumberbatch, una delle più profonde e calde che la tv abbia mai conosciuto.

Detto ciò, tutto il resto è freschezza in crescendo, bellezza, tanto sano intrattenimento e qualche grassa risata. Senza "se" e senza "ma".

3 commenti:

Patrizia Mandanici ha detto...

Nulla da aggiungere. Concordo al 100%!

La firma cangiante ha detto...

Ottima analisi di quella che è a mio avviso (tra quelle che ho visto ovviamente) una delle migliori serie degli ultimi anni, seconda nel mio gradimento solo a Black Mirror e pochissimo altro.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Patrizia:
Molto bene. Quando una roba merita, merita e basta.

@ Dario:
E' un gran bel prodotto. Ed è anche nella mia personale top ten (non saprei esattamente in quale posizione, ma solo perché è difficile per me stilare una top ten del genere).

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