13.3.15

Del Melvile di Roman Renard e delle ossa senza la ciccetta buona intorno


Certi temi sono triti, ritriti e contriti. Quante storie che sfruttano lo stesso espediente o che partono dallo stesso incipit hai letto, visto e sentito? Quello dello scrittore in crisi che scappa dalla città, costretto dagli eventi ad affrontare i propri demoni è un canovaccio pur sempre interessante, ma ormai accettato da chi legge con la stessa muta rassegnazione dei paradossi temporali o del percorso di redenzione dell'eroe.

Mi sembra evidente, però, che il tema desti ancora un certo fascino nel lettore, ma si riveli un'arma a doppio taglio se chi lo tratta lo fa come se non avessero mai scritto nulla di simile, prima. Io stesso, lo ammetto, ho provato quel fascino sfogliando distrattamente in libreria il volume Melvile del cartoonist bédé Roman Renard.

E infatti: Sam Beauclaire è uno scrittore in crisi che non riesce più a mettere una parola dietro l'altra dopo la pubblicazione del libro che lo ha reso celebre. Si rifugia allora nella vecchia casa di suo padre a Melvile, un paesotto montano tipicamente nordamericano che richiama mille altri paesotti montani tipicamente nordamericani (e qui dovrei aprire un pistolotto a parte su come Twin Peaks abbia cambiato il modo di vedere una certa provincia americana, ma non lo faccio).

La questione è che al di là dell'incipit, appunto, che può acquisire o meno valore ed originalità a seconda di come viene trattato, in Melvile, mi spiace dirlo, non c'è molta altra ciccetta intorno all'osso. Semplicemente viene descritto il percorso di Sam dalla sua morte (spirituale) alla rinascita. E di mezzo ci passa il tenersi occupato con altre cose, un incontro sentimentale importante (che cuce e scuce altre cose) e lo scomodo, pesante fardello di una moglie incinta, protagonista di quello che vuole essere un secco colpo di scena ma che (non credo di essere un genio solo io ad averlo capito subito) rivela la propria natura sin dalle prime pagine.


Sul fronte grafico, Renard risulta uno sperimentatore curioso che cerca soluzioni sempre diverse anche se spesso il suo stile, per assurdo, sembra risentire di quella ricerca. Alcune tavole sono ricche nella loro artigianalità, soprattutto nella colorazione calda a pastello virata su tonalità rosso arancio, mentre altre si distaccano per un colore digitale più freddo e dai contorni più netti, qui e lì macchiata da indistinte sfumature e da riferimenti fotografici. L'occhio legge queste varianti, simili ad un primo sguardo ma comunque antitetiche, e suggerisce fastidio (a differenza, tanto per dire, di quelle simili realizzate da Ben Templesmith su Fell). In ogni caso, il risultato finale è davvero gradevole e un cartoncino poroso avrebbe reso alla perfezione.


Melvile non è stata una brutta lettura. La questione sta in una storia piccola piccola e scevra di appigli narrativi. Succede molto poco, insomma, e a differenza di quanto si annuncia nella sinossi, la sfera del paranormale è relegata a qualche bizzarra presenza partorita dalla mente stessa del protagonista. Eppure, nonostante questo, qualcosa di buono c'è.


Ultimo, discutibile appunto: Sono stati decantati i contenuti in realtà aumentata per questo volume. Un sito creato ad hoc, una colonna sonora studiata apposta da Renard per accompagnare dinamicamente i tempi di lettura (in parte la trovi QUI), video girati dal vero e tavole speciali che al passaggio del dispositivo mobile (smartphone o tablet) appaiono nella relativa versione bozzetto e matita. Un'app ideata apposta, insomma, per una serie di contenuti extra che a me avrebbe anche fatto piacere scoprire. Purtroppo ancora oggi, nel 2015, c'è chi realizza certe cose in esclusiva per l'Apple Store, per dire, e fottiti tu (io) che hai speso comunque una quindicina di euro per il volume, ma che hai un Samsung da poveracci. E qui, un laconico "vaffanculicchio" ci starebbe bene.

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