6.9.13

Sull'attrattiva maniacale del possesso e sulla musica. Una parola su Spotify e su quanto sarebbe piaciuto a Francesco Giovanni di Pietro Bernardone. Fino a qualche giorno fa, almeno.

Prima di partire per le ferie avevo scritto questo bel post su Spotify. Ero raggiante e convinto delle cose che scrivevo. Leggitelo, ma non credere a tutto quello che ti dico, perché proprio in questi giorni qualcosa è cambiato. Cosa? Te lo dico alla fine del post.


Devo ammettere che su Spotify all'inizio ero molto scettico, continuando a difendere invece Grooveshark. Ero giustamente scettico e per più di una ragione. La questione è che ora questa piattaforma di musica in streaming ha corretto il tiro e ha messo a posto due o tre cose, tanto che cercare il pelo nell'uovo potrebbe sembrare un giochetto meschino e privo di senso.
A seconda di quello che ascolti, Spotify ti propone anche altra musica che potrebbe interessarti (hai presente? "hai ascoltato i Massive Attack? Allora potrebbero piacerti anche gli Zero 7!", cose così). Spotify si interfaccia anche, mi sfugge in che modo e probabilmente non voglio nemmeno saperlo, alla libreria del tuo iTunes. Sa benissimo cosa ascolti di solito anche lì e ti suggerisce nomi, cose, città, colori e persone.


Ma la cosa più interessante è che ora, rispetto a qualche mese fa, Spotify ha ampliato e di parecchio il proprio catalogo. Ieri ci trovavo appena qualche album di John Coltrane. Oggi ci trovo addirittura gli album meno noti di Thad Jones. E anche tutti gli album di Madlib. E questo, per me, è un gran dire.

Puoi sharare ("sha-rarà-rarà-rarà") singoli brani o interi album e condividerli con chi vuoi, sempre a patto che chi condivide e chi fruisce della condivisione, sia registrato al servizio. E puoi registrarti tramite il tuo profilo facebook o, se come me appartieni a quello sparuto gruppetto di persone che un profilo non ce l'ha, puoi registrarti presso il sito. Una user e una password e passa la paura. Tipo l'album qui sotto, che se cerchi di ascoltarlo e non sei registrato, ti chiede di connetterti.

Poi tieni conto che il tutto è gratis, che è forse il punto più interessante (N.d.R.: Ahi ahi ahi!), a patto che tu possa sopportare uno spot pubblicitario di una trentina di secondi ogni quattro o cinque brani. Oppure ti fai il tuo bell'abbonamento a Spotify Premium, 9 euro e 90 al mese e fai quello che vuoi senza pubblicità. E puoi anche scaricare i brani in locale sulla tua macchina.
In generale puoi utilizzarlo tramite browser, andando sul sito ufficiale, o anche scaricare il software direttamente sulla tua macchina (da qui).

Tu dirai che su Grooveshark tutto ciò è possibile e non c'è pubblicità e non devi nemmeno pagare per NON averla. Dal mio punto di vista la differenza sta nel fatto che Grooveshark, un po' come Wikipedia, si fonda soprattutto sul "lavoro" di condivisione degli utenti. Persone normali come te e me. Sono loro a caricare i brani e a permetterti di ascoltare la musica che vuoi. Ma che forse, proprio per questo, a volte ti ritrovi dei brani dalla qualità promiscua o degli album con brani che mancano. O con brani in più che ti fanno passare come bonus track o versioni alternative ma che in realtà, in quegli album, non ci sono.
Su Spotify tutto è pulito e ordinatino a modo e a dovere. Cerchi per autore o per album e lui, precisino della fungia, ti stila tanto di lista onesta e doverosa.


Mi chiedo a questo punto a cosa serva avere la propria collezione di CD o di MP3 se anche gli album freschi freschi di stampa sono già presenti su Spotify (l'ultimo Jay-Z, Magna Carta Holy Grail, è uscito lì un giorno prima rispetto alla sua controparte "fisica" sugli scaffali dei negozi). E tieni conto che se vanti anche dispositivi tipo smartphone, tablet, iPod e robe del genere, puoi tranquillamente accedere anche da lì.

Insomma, se ti fai passare per un attimo la smania di possesso e hai una buona connessione, puoi smetterla di occupare preziosi centimetri sui tuoi scaffali e ascoltare la musica come andrebbe ascoltata, a meno che tu non sia un purista del suono. E allora pace. E te lo dice uno che c'ha una "modesta" libreria di sei metri e mezzo e una discreta collezione di vinili (anche se, grazie a Dio, non si è mai fatto prendere dalla smania di collezionare pure CD, DVD o altro).

Insomma, come dicevo sin dal titolo del post, Spotify, molto probabilmente, sarebbe piaciuto anche a San Francesco d'Assisi e piacerà sicuramente a tutti quei single e a quelle famiglie laiche, non per forza credenti, che cercano di vivere un certo tipo di "spiritualità" sonora, senza per questo dover per forza farsi crescere le unghie per aprire quelle cazzo di bustine di cellophane che tengono intonsa la verginità di un CD.


E come ti dicevo all'inizio, qualcosa è cambiato e San Francesco non sarebbe più contento. E' infatti notizia di qualche giorno fa che Spotify ha deciso, inviando oppurtune mail ai possessori di tutti gli account free, che a breve (si parla di sei mesi dalla creazione del tuo account), tutto il servizio libero si limiterà a 10 ore mensili suddivise in pacchetti di 2,5 ore a settimana. Se vuoi ascoltarne di più devi pagare 4,99 euro al mese. Cifra irrisoria, dirai tu, per chi ne fa largo uso. Per carità, ti do ragione. La questione è che come tanti altri servizi, in passato, Spotify ti ha dato la possibilità di credere in un'isoletta felice e quando ti ci sei abituato, era lì pronto a staccarti la spina. Personalmente sfrutterò l'account a pagamento che (forse) faremo in ufficio per ascoltare le varie radio a disposizione. Ma per tutto il resto, nell'accogliente angolino di casa mia, probabilmente tornerò a Grooveshark. Vedremo.

6 commenti:

Viktor ha detto...

W lo Squalo!!! (Che ho sù anche ora!)
Io colleziono, compro, accumulo, quindi di soldi ne spendo già di mio e se voglio ascoltarmi un po' di musica mentre sono al pc non esiste che debba ulteriormente dar fondo alle mie finanze, tanto vale accendere lo stereo! Io su Spotify nutrivo i tuoi stessi dubbi, che ora son diventati una ragionevole argomentazione per rimanere fedeli allo Squaletto del Ritmo!
Un salutone.

CyberLuke ha detto...

Sono rimasto ai margini del "fenomeno" Spotify.
Col tempo (ok, con l'età), anche il mio rapporto con la musica è cambiato.
Una volta accumulavo, poi addirittura collezionavo. Una roba assurda, decine di copie dello stesso disco e cambiava solo una scritta sulla copertina. Quando rinsavii, vendetti tutto a gente che ancora non era guarita.
Poi mi sbarazzai dei vinili, e passai al CD.
Poi scoprii il masterizzatore.
Poi l'iPod, e mi accorsi che il lettore CD non lo accendevo più.
Ho comprato vari brani sull'iTunes Store, poi, superato anche il senso di colpa verso una multinazionale come Apple, ho iniziato a scaricare senza farmi troppi problemi, e adesso ho sul mio hard disk e sull'iPod praticamente tutto quello che vorrei ascoltare, quando voglio e quante volte voglio, in auto, in scooter, a casa, al lavoro.
Spotify non mi tenta neanche un po'.
Domani, chissà: magari rippo tutto su hd, e mi sbarazzo di tutta quella plastica e rimango con la sola musica.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Viktor:
Eppure da un po' di tempo mi sono divertito con entrambi. Con lo squalo e con spotify. Il vantaggio di quest'ultimo era nella qualità di tutti i brani e in certe cose che trovavo solo lì. Fino ad oggi è stata comunque un isoletta felice.

@ Luca:
Io di CD ho giusto quelli che servono e non li ascolto più da anni. Come sai mi sono riavvicinato ai vinile e sono contento del percorso particolare che sto facendo con loro (di ascolto, indipendentemente dal supporto). E anch'io ho il mio bell'iPod, ma sono un tipo strano e mi costringo ad ascoltare sempre la roba che è riuscita ad entrarci. Mentre mi piacerebbe non limitarmi a certe barriere. Ma ecco dove sta il punto: nel "passo successivo" che citi. Quelle che descrivi sono delle fasi che chi più chi meno, tutti abbiamo attraversato. Ma io sono arrivato a collezionare tanta di quella musica digitale, tra MP3 e flac, da avere hard disk pienissimi. Per poi accorgermi che anche lì c'erano cose che non ascoltavo più da anni. Ecco perché parlavo della mania del possesso. La cosa buona di servizi in streaming come spotify o grooveshark, sta nel fatto che nelle tue belle otto ore e passa in ufficio o al caldo del tuo focolare domestico, potevi non preoccuparti di cercare soluzioni alternative. Semplicemente vai su quei siti, cerchi quello che ti interessa e premi play. Una bella comodità, insomma.

La firma cangiante ha detto...

Penso sia difficile scollegare l'idea del pagare da quella di possedere qualcosa. Cioè, se è gratis va bene Spotify come va bene Grooveshark, se si deve pagare è meglio a questo punto un vinile o un CD. Non so se mi sono spiegato....

E' lo stesso per i libri e ammetto subito che può essere un mio limite. L'E-book a me non piace come idea. Al momento non sono attrezzato per leggere E-Book in giro e nemmeno mi interessa farlo per ora. Non mi sento pronto a pagare 8/9 euro per un file (oltre al fatto che trovo scomodo leggere in digitale, almeno a casa) quando magari posso pagarne tra qualche mese 12 per una versione economica (?) di un libro cartaceo.

Spotify e simili mi sembrano degli ibridi ai quali prevarrà sempre o l'illegalità (scarico e quindi sono?) oppure la via ufficiale (CD/Vinile).

Per carità, ottimi servizi, se sono gratis però.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Dario:
Il tuo punto di vista è chiarissimo. E per molti versi assomiglia a quello che fanno anche gli altri. Ma una cosa posso assicurare (e te lo assicura uno che era convinto che spotify fosse solo una roba per ipod): fin quando è stato gratis (e per me lo è tutt'ora, visto che non mi è ancora arrivata la maledetta mail), spotify si è davvero rivelata un'isoletta felice. Le piccole differenze con Grooveshark stanno nel fatto che per quanto riguarda la musica che mi piace, ho trovato il catalogo più ampio, una migliore qualità sonora e nessuno sbattimento cercando di mettere ordine nelle tracklist. In ufficio, con alcune radio, ci andavo avanti per ore. Se ti capita, facci un giro, sul sito. Se ti registri ora, credo tu abbia comunque sei mesi gratuiti.

parvina ha detto...

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