25.6.13

Di attori e scrittori e della caduta dei grandi miti che se a una certa la finiamo, è meglio per tutti


Che cazzo. Non mi era ancora andata giù la scomparsa di James Gandolfini (mi sembra di aver perso un amico di famiglia, forse per quella sua aria un po' così da perfetto vicino, nonostante la grandezza delle sue doti interpretative). Sto ancora lì a rimuginare sulla sua dipartita, sul fatto che non avesse ancora 51 anni, che quando iniziò a interpretare Tony Soprano avesse praticamente l'età che ho io adesso, nonostante ne mostrasse comunque una decina in più. Non faccio in tempo a decidere di rivedere tutta la prima serie dei Soprano e non faccio in tempo a rivedermi  la prima parte dell'ultima stagione che stanno dando adesso sul digitale (l'episodio dove lui si riprende dal coma e chiede sussurrando alla moglie se è già morto, l'hanno dato un paio di giorni dopo il fattaccio e a me ha messo i brividi per la tristissima coincidenza). Ho visto quegli episodi queste ultime notti, tra le tre e le quattro, complice una simpatica febbre alta e una simpatica gola gonfia curate a botta di cortisone, che di farti dormire non se ne parla.


Non faccio in tempo a soffrire come si deve per tutto questo, che se ne va pure pure uno dei grandi maestri della letteratura horror, di quell'horror sottile e d'autore, mai fine a se stesso, mai pacchiano, sempre accompagnato da un'impareggiabile dialettica che a voglia a stare lì a cercare di imparare le lezione. Richard Matheson di anni ne aveva 87, d'accordo. Però se tutti i miti devono cadere negli stessi giorni, ti girano proprio un po' i coglioni. Lo ricordo soprattutto per i suoi classici, naturalmente, che non sto nemmeno a citare. Ma in modo affettuoso per il suo primo romanzo che ho letto io su un vecchissimo Urania, Io sono Helen Driscoll (A Stir of Echoes), dal quale David Koepp trasse anche Echi Mortali, un discreto film con Kevin Bacon del 1999 e, ça va sans dire, per il suo assoluto capolavoro letto subito dopo, quel Io Sono Leggenda (del quale riconosco solo L'Ultimo Uomo della Terra come unico e fedele adattamento cinematografico, girato in un poetico bianco e nero da Ubaldo Ragona nel 1964, con Vincent Price come protagonista).


Tutto questo a dire che se poi abbiamo finito con le la caduta dei miti, amen. Ne renderemo merito a qualcuno in qualche modo. Anche perché dopo un po' rompe proprio le palle, questa cosa che bisogna per forza morire a grappoli.

5 commenti:

GiovanniMarchese ha detto...

Eh! A chi lo dici? :( Matheson è di quegli autori che ti fanno amare la letteratura. Che se lo incontri al momento giusto ti lascia un imprinting positivo per tutta la vita. Ah! Ad avercene ancora di scrittori così...

La firma cangiante ha detto...

Mamma mia se rompe le palle, preferirei di gran lunga che piovessero condanne a grappoli, almeno in questo paese. O che almeno ci lasciassero quelli giusti che mica poi nessuno ne sentirebbe la mancanza.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Giovanni:
Beh, l'indubbio merito di Matheson è quello di aere aperto certe porte in tempi insospettabili. Ma ha goduto di notorietà, a mio modo di vedere, troppo tardi e non quanto avrebbe meritato.

@ Dario:
Caro mio, ma sei cattivello, proprio. Non ti bastano tutte le condanne di questi giorni che non porteranno assolutamente a nulla? Se hai dei problemi anche tu, potresti rivolgerti a Letta :)

La firma cangiante ha detto...

Eh si, stavo proprio pensando di farlo :)

LUIGI BICCO ha detto...

Magari se mi fai un fischio, cinque minuti vengo anch'io, và.

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