18.11.11

Fotografia e arte morta

Prendetevi cinque minuti che il discorso è lungo.

Mi perdonino i puristi e i semplici appassionati di questo straordinario mezzo di comunicazione. Cercherò di spiegare, dal mio piccolo punto di vista, perché la fotografia è arte morta e sepolta e perché non valga la pena avere pretese dal proprio estro fotografico se non per pura passione. O a meno che voi non lavoriate materialmente all'immagine.

Allora.

Tempo fa mi ritrovai con un amico a disquisire di foto. Mi raccontò di aver letto un articolo (non si ricordava dove) di una fotografa americana che aveva tirato su un progetto di ricerca atto a dimostrare quanto fosse inutile fotografare un tramonto. La cosa funzionava più o meno così: Per quanto sfumature di colore e soggetti nelle immediate vicinanze possano cambiare, in realtà faresti prima ad andare su Flickr e scaricare un tramonto qualsiasi tra quelli che ti vanno più a genio. E per dimostrarlo aveva scaricato e stampato tutte le foto di tramonti caricati da migliaia di utenti con un profilo su Flickr che avevano fotografato, appunto, un tramonto. E li aveva montati su una gigantesca colonna girevole. Alla fine, da una certa distanza le differenze sparivano.

Non so quanto essere d'accordo su questa tesi o quanta ragione avesse quella fotografa. Fatto sta che l'impressione che ci fosse una base veritiera su quanto volesse dimostrare, l'ho avuta pressoché immediatamente.

La fotografia è un'arte morta perché è una delle più ascrivibili al meccanismo della relatività e l'arte stessa tra le meno oggettive tra le discipline visive esistenti. Per quanto tu possa essere un buon fotografo o riconosciuto tale, chi è padrone e giudice del tuo lavoro, è l'occhio esterno di chi guarda. Ammesso che tu debba confrontarti con esso naturalmente. Il lavoro del tuo occhio è concettuale e quando non si limita a scattare semplicemente quello che gli si para dinanzi, ha già fatto un gran bel lavoro. Entriamo quindi in quelle dinamiche parossistiche che mettono in campo la concezione del bello e del gusto personale. Discorsi dai quali rimanere sempre ben lontani, per quanto mi riguarda.

E' vero, insomma, che il sentire personale fa metà dell'opera.

Scondo la mia personalissima visione, la fotografia è costruita intorno a due elementi insindacabili: Uno è lo spazio (il soggetto e i campi visivi) e l'altro è il tempo (l'attimo, la frazione infinitesimale e l'atmosfera nei quali il soggetto stesso vive e si muove).
Realizzando uno scatto fotografico, ci si può muovere quindi più verso una direzione o più nell'altra. E raramente si può sfiorarle entrambe.

Esempio.

Ecco una foto che, naturalmente, predilige lo spazio, il soggetto.



E' una foto del grande Elliott Erwitt che ritrae la Monroe. Insomma, senza Marilyn lo scatto non avrebbe avuto la stessa carica espressiva, certo. Con una donna qualsiasi al suo posto avrebbe funzionato davvero molto, molto meno. Viceversa, il tempo è meno protagonista se non nelle piccole sfumature (l'espressione, il sorriso, il momento della lettura, una scenografia indefinita).

Ecco invece una foto che, al contrario, predilige il tempo.


Questo è uno tra gli scatti più noti di George Tice (e tra i miei preferiti in assoluto), fotografo americano classe 1938 che ha visto riconosciuto il lavoro dietro questa foto solo molti anni dopo, grazie anche all'utilizzo che ne ha fatto Bill Frisell per il suo album Blues Dream.
Il fatto che siano presenti in campo una cisterna, una pompa di benzina e un'automobile, non dà loro il diritto di arrogarsi il ruolo di interpreti principali. Qui il protagonista è il tempo. L'attimo di attesa nel quale tutto è sospeso. Un momento nella notte in(de)finito. In fondo se questa foto fosse stata scattata di giorno, avrebbe avuto molto meno senso (e fascino).

Ecco invece una foto che si muove tra lo spazio e il tempo.


Una foto tra le più celebri in assoluto, sempre ad opera di Elliott Erwitt. Una giovane, felice coppia chiusa in auto di fronte al mare. Chi è qui il protagonista? La coppia. Perché senza di loro si sarebbe trattato solo di un'automobile di quinta di fronte al mare. Ma anche il tempo è protagonista. Quello che racchiude l'attimo nel quale l'occhio registra una coppia all'interno di uno specchietto di un'automobile. Cosa sarebbe successo se quella coppia non fosse stata ripresa in quello specchietto ma semplicemente, metti caso, dal finestrino laterale? Sarebbe divenuta ugualmente così celebre? Non credo.

Nonostante tutto, nonostante queste tre foto siano state riconosciute dalla maggior parte di voi, nonostante il fatto di essere state rese celebri dal tempo, nonostante siano stati riconosciuti onori e glorie ai loro creatori, tra noi (me compreso) c'è chi apprezzerà una foto su tutte. A qualcun altro potrebbe non piacere una di esse o addirittura potrebbero non piacergli tutte e tre.

Il gusto personale esula a prescindere da qualsiasi classificazione e mostra la realtà in modo soggettivo e non oggettivo. Quindi, in ognuno di noi si scateneranno meccanismi diversi atti ad attribuire qualità univoche ad una rappresentazione della realtà, piuttosto che a un'altra. Sempre e comunque complementari al proprio bagaglio culturale e di gusto.


Tutti gli appassionati conoscono Helmut Newton, Robert Capa, Ansel Adams, Henri Cartier-Bresson, Làszlò Moholy-Nagy o mille altri. Personalmente apprezzo il realismo di Capa, i nudi di Newton, le geometrie di Franco Fontana. Mentre invece a qualcuno che ama Erwitt, Fontana potrebbe dire poco o nulla. Da dove partono le emozioni che scaturiscono dall'osservazione, anche sommaria, di uno scatto fotografico? E da cosa vengono scaturite?

Mi sono fatto una mia idea. E' successo quando, facendo un rapido giro su Flickr, mi sono imbattuto in questo scatto fotografico:



Il nome della foto è Snow walking on Brunswick Avenue (Toronto) e appartiene ad un utente che risponde al nick Ardenstreet.

Che cos'ha di strano o degno di attenzione questa foto? Quale elemento ha fatto si che io prendessi a fissarla per un paio di minuti? Cosa ho cercato in quei due minuti in questa foto? Cosa ho visto al suo interno? Pensandoci a freddo, ecco a quali conclusioni sono arrivato:

1 - Il nome della foto. Per quanto si tratti di un paesaggio invernale con tanto di neve, Camminando sulla neve su Brunswick Avenue a Toronto, mi è parso subito molto esotico. Da Wikipedia:
L'esotismo è un fenomeno culturale che tende ad esaltare ed imitare, specie nell'arte, forme e suggestioni di paesi lontani.
Insomma avete presente quella febbre che prende quando si scopre un posto, geograficamente e culturalmente, lontano da casa tua? Mettiamoci il fatto che il Canada è tra le mie mete più agognate e il gioco è fatto.

2 - La neve.
Che basta da sola a rendere un'atmosfera (tempo, quindi, non spazio) ovattata e impalpabile, sospendendo la percezione stessa dell'attimo.


3 - L'atmosfera nebbiosa.
Che va a sommarsi al punto 2 e che rende diafani, quasi impercettibili, i particolari in campo lungo. Andando a rafforzare comunque il luogo comune che il giochetto del vedo/non vedo restituisce all'insieme.


4 - I due ragazzi di spalle. Che si allontanano da chi guarda rivelando un senso di abbandono della scena. Come una sorta di chiusura del sipario.

Tutti elementi che, personalmente, prediligo in modo particolare, insomma.

Dietro questa foto ho praticamente letto una storia. Che non sarà mai quella vera, per carità, ma il fatto stesso che ne abbia scaturita una, basta e avanza. Ho volutamente omesso le considerazione tecniche sulla fattura e l'impostazione di questa immagine perché non sono il tema portante e perché non avrebbe senso, visto che, in generale, non è un granché. Probabilmente è stata scattata con una digitale da pochissime centinaia di euro (dollari canadesi, in questo caso) e senza stare a guardare troppo il capello.

Considerazione a parte merita invece chi, oggi, si occupa della costruzione e implementa la scena costruendo lo scatto prima di mettere l'occhio dietro l'obiettivo. Così come chi lo post produce esaltando aspetti altrimenti poco incisivi con risultati che raramente sono da prendere davvero in considerazione.

Degli esempi, buoni, di quest'ultima tipologia, sono le foto di Thomas Zimmer.
Eccone una:


Come per quella precedente, a qualcuno di voi questa foto non dirà molto, ma a me dice parecchio. Naturalmente si tratta di materiale posticcio. Elaborato ad hoc in base al risultato che si voleva ottenere. Sulla bontà della foto pura non disquisisco perchè non è il motivo principale per il quale è nata questa lunga dissertazione e perchè NON sono un fotografo professionista (né mi interessa diventarlo). Ma il fatto stesso che difficilmente un risultato del genere si sarebbe potuto ottenere naturalmente, fa di questo scatto un oggetto particolare, bello o brutto che sia. Che offre chiavi di lettura e sensazioni diverse a seconda di chi guarda.

Dopo tutto, alla fine, perché la fotografia è morta? Perché, come tutte le arti sensibili al cambiamento e alla contesa, non ha più ragion d'essere se non nell'individualità. Così come tutte le altre forme d'arte che stanno seguendo a rotta di collo verso il precipizio (è solo questione di tempo). Perché non ci sono più spazi e tempi disponibili. Così come oggi Helmut Newton non sarebbe più celebrato come ieri. Così come un Caravaggio di oggi probabilmente patirebbe ancora la fame come ieri (probabilmente qualcosina di meno), con la differenza che non sarebbe celebrato comunque domani, com'è invece capitato a quello vero dopo la sua scomparsa.

Perché se sei un aspirante fotografo e vuoi diventare un professionista, dovresti smettere di fotografare le cose che ti si parano dinanzi belle e pronte, ma cominciare davvero a guardare con un occhio diverso.
E se sei un semplice appassionato, allora continua pure a fotografare tramonti, fiori e palazzi, che tanto nessuno avrà il diritto di stare a sindacare le tue opere.


A proposito. Questo qui sotto, invece, è uno scatto realizzato da me.

Potete osservarla qui un po' più in grande e qui nella sua
versione orizzontale,
scattata cinque minuti dopo.

Che è in bilico tra spazio e tempo. Che è un tramonto e, probabilmente, avrei potuto anche lasciarlo perdere lì dov'era. Che non ha nulla di particolarmente appetibile ma che valeva la pena postare solo perché, strano a dirsi, ho costruito la scena prima di scattare. Ho aspettato che le fioche lucine del parco giochi si accendessero. Ho aspettato che la scia dell'aereo in alto a sinistra fosse esattamente dov'è. Ho lasciato che il vento pettinasse le nuvole in quel modo. Ho aspettato un anno prima di scattare ad agosto, durante le vacanze in Salento nel 2006. Ho aspettato tutte queste cose prima di essere pronto a premere il grilletto della mia piccola, semplice, vecchia Canon PowerShot A570. E per quanto agli altri possa sembrare uno scatto come un altro, a me sembra un gran bello scatto, realizzato con poco e che mi racconta più di una storia. E questo, ai miei occhi, lo rende un oggetto da tenere ampiamente in considerazione.

Le sensazioni che offre agli altri, non le posso conoscere. Ma visto che, come dicevo poco sopra, non miro a diventare un professionista, bellamente posso anche non interessarmene. E tornare a fotografare palazzi e tramonti.

Grazie per l'attenzione.

11 commenti:

Luca ha detto...

Ti leggo sempre volentieri, e continuerò ancora, ma in questo in post usi parole grosse per un messaggio che non condivido.

La fotografia è un mezzo, non arte di per se.

Qualsiasi forma di comunicazione diventa artistica, ad un certo grado di espressività ed in determinati contesti. È un unicum, nello spazio e nel tempo di chi lascia il segno, che incontra l'anima di chi lo raccoglie a sua volta in uno spazio ed un tempo propri.

Muoiono gli artisti, non le arti.
L'arte si rinnova ogni volta, nell'afflato e nell'ispirazione di che sta eseguendo un gesto, che sia uno schizzo preparatorio per una tavola o uno standard jazz eseguito sul palco di un locale.

In ogni forma d'arte il bello risiede in chi ne gode. Allora tutte le arti sono morte? Lo saranno quando sarà estinto il genere umano così come lo conosciamo.

Conosco fotografi ed home economist che fanno piccoli capolavori, magari per far risplendere delle banali salsicce in uno still-life. Credimi, è arte anche quella anche se con la a minuscola.

CyberLuke ha detto...

Non sono sicuro di aver afferrato il messaggio contenuto nel tuo post.
Ma su una cosa concordo al 100%: il numero dei fotografi si è almeno decuplicato con l'avvento del digitale, col risultato che si sono decuplicate anche le fotografie scattate ogni giorno nel mondo.
E se è vero che questo ha portato alla realizzazione di migliaia di scatti identici di tramonti o della torre Eiffel, è vero anche che ha decuplicato la possibilità di avere scatti memorabili... ammesso che riescano a raggiungere le persone giuste.
Io?
Io scatto per diletto e mi diverto in postproduzione.
Se non lo facessi, mi limiterei a comprare delle cartoline o a scaricare immagini perfette da Flickr.
Ma che noia, però. ;)

LUIGI BICCO ha detto...

@ Luca:
Forse ho calcato troppo la mano sul dualismo arte/fotografia. In realtà, quello che non sono riuscito a dire meglio, è che la fotografia sta morendo, proprio in quanto mezzo di comunicazione (e non solo arte).

Beninteso, Luca, come al solito voleva essere anche una provocazione per invitare a discutere della cosa.

Quando mi dici "muoiono gli artisti, non le arti", ti do anche ragione. Ma faccio presente anche che dietro una pistola ci può essere il dito che tira il grilletto, ma se non ci sono più colpi, puoi stare lì a tirare quanto vuoi.

Che tutte le arti stiano morendo non è cosa che volevo dire. Mi riferivo a quelle che hanno il filone aurifero in esaurimento. Ancora oggi non è il caso della pittura, tanto per fare un esempio, perchè si tratta di opera da concertare in tutte le sue fasi, dalla nascita alla morte.

Lavorando in pubblicità, conosco anch'io dei bravissimi fotografi che si occupano di food o di moda. Ma personalmente credo si tratti di bravi artigiani, senza sfociare in altro. Proprio per il tipo di lavoro che fanno, non per altro.

Detto questo non voglio certo convincerti, ci mancherebbe. Spero solo di aver chiarito meglio la mia posizione.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Luca (Cyberluke):
Qualche spiegazione in più, l'ho data nel commento precedente. L'avvento del digitale ha saturato un mezzo e il modo di interfacciarsi ad esso.
Non sono certo contro la tecnologia o il suo percorso (quasi obbligato). Ma stimo di più chi una volta si doveva inventare le capriole, rispetto a chi ha tutto a portata di un paio di tasti.

Anch'io scatto per diletto. Ma tu hai un ottimo occhio fotografico :)

davide garota ha detto...

ciao Luigi

davide garota ha detto...

sicuramente la fotografia non è solo arte: come testimoniano i vari reporter è anche uno strumento per testimoniare la realtà. Gillo Dorfles asserisce che sia un mezzo alquanto bugiardo per riprodurre la realtà e che tanto più sembra vero tanto più è bugiardo. Avrai in mente la famosa foto scattata da Capa in cui un uomo viene colpito da una fucilata: chi dice che sia vera e non solo una messa in scena?( che cosa cambierebbe poi, dico io...)
Comunque la foto è usata anche come forma d'arte e d'espressione, a questo alludi, no?. Se questo mezzo è estremamente diffuso , perchè democratico e di facile uso, non vedo perchè non possa continuare a essere arte anche se inflazionato. Il fatto che qualunque cretino si possa mettere a scimmiottare Picasso e Klee, non ha ucciso la pittura(anche se per me si).Ora mi viene in mente che il mio prof di disegno dal vero diceva che le performance e le installazioni non avevano più motivo di essere perchè ( era l'epoca della guerra in Kosovo) erano state trovate delle scritte col sangue umano sui muri di non ricordo qualle città, e che nessunsegno poteva essere più forte di quello.Lo scrittore Ceronetti dice che dopo Charlie Chaplin il cinema è morto. Il filosofo Nietzsche dice che Dio è morto.
A parte il fatto che neanche io mi sento tanto bene, credo che l'arte sia una cosa non necessaria,qualcosa che una società crea quando ha un surplus di produzione per cui può starsene in panciolle e creare qualcosa che non sia nè celebrativo, nè decorativo, né mistico, ma rappresentativo di qualcosa che va oltre questi elementi,qualcosa che sbagliando sicuramente, definirei spirituale.
Il fatto che nella nostra società ci siano tante persone che fotografano il tramonto non significa che ci siano tante foto artistiche del tramonto.Ma un deficiente qualsiasi può fare una bella foto artistica in un momento di fortuita ispirazione, perchè no?
L'eterna domanda è questa: cos'è l'arte? La foto come la pittura è solo un mezzo.
Di tutte le foto che mostri ( provocatoriamente) la più bella è quella canadese con la neve. Ma quel tizio quante foto ha fatto con quell'atmosfera? Quel tizio porta avanti un corpus di opere coerenti tra loro? Ci sono tanti bravi fotografi.Ma essere artisti è diverso.
Ecco ci tenevo a dire la mia, però adesso sento di aver peccato di superbia. Mi scuso. Però anche tu Luigi non dovresti impegolarti in disquisizioni di questo tipo.Sono impegnative e in definitiva inutili. Lasciale fare ai critici e agli esteti.
ciao

LUIGI BICCO ha detto...

Ciao Davide.
Grazie per il tuo lungo intervento. Su parecchie cose, in realtà, mi trovi d'accordo. A naso cerco solo di separare la fotografia dal concetto strettamente artistico. Mentre è mezzo di comunicazione come e più di altri, soffre però di dinamiche meno forti e personali rispetto (tanto per tornare sull'argomento) alla pittura. La foto di Capa che citi è essenziale, stupenda nel suo valore. Ma è l'idea (nel caso fosse finta) o l'attimo (nel caso fosse vera) a decretarne la bellezza. Se si fosse trattato di un quadro, non sarebbe sicuramente passato alla storia.
Ma Capa è Capa. Per (quasi) tutti gli altri, la fotografia è un modo di ritrarre la realtà donandole una sfumatura personale. Ma si tratta di sfaccettature.
Nei suoi quadri, invece, come saprai meglio di me, Rembrandt ha dovuto "ricostruire" quella realtà foglia per foglia e non c'è passaggio o particolare che non abbia dovuto ritrattare secondo la propria visione delle cose.

...

O forse sto impazzendo io :)
L'argomento esigeva forse più attenzione di quella che sono riuscito ad infondergli io. La questione è molto complessa, ma volevo affrontarla proprio per capire cosa ne pensano gli altri.

Critici ed esteti? Per carità, che Dio me ne scampi. E' solo che ogni tanto è anche bello smuovere un po' le acque e gli animi e pungolarli a dovere. Anche se è solo un piccolo blog, questo, mi dovrò pur divertire ogni tanto, no? :)

Gripa ha detto...

La fotografia ha sempre ucciso se stessa.
Ma anche morire è una forma d'arte.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Gripa:
E son d'accordo :)

davide garota ha detto...

Nel commento precedente dicevo che un'opera d'arte è una creazione che ha a che fare con la spiritualità.Ma questo è un termine troppo abusato, rettifico e direi che un artefatto è in sostanza qualcosa che trasmette emozioni profonde.Anche una foto scattata da un bruto può trasmettere emozione e ( se il mio criterio di identificazione dell'arte è giusto) essere un'opera d'arte. La fotografia più di ogni altro mezzo tecnico però ( ancor più del video) trascende l'azione dell'autore in quanto non serve che esso abbia alcuna capacità specifica. Ovvero la tecnica, lo strumento, fa quasi tutto da solo. Giustamente tu dici che se c'è una sapiente lavorazione e preparazione che concorre a dar spessore alla foto, essa è più meritevole. Sono daccordissimo. Però vorrei dare un ulteriore spunto di riflessione:fino a che punto la sfera della tecnica rivoluziona la sfera dell'umano? Artisti come Ingres usavano la foto ma la consideravano un mezzo povero che mai sarebbe stato in grado di soppiantare la pittura. Non è stato così. Io sono fermamente convinto che la cesura tra pittura del passato e pittura moderna sia stata sancita dalla fotografia.
La rivoluzione tecnica ha sbalordito l'essere umano fino a renderlo antiquato(come scrive gunther Anders). I pensatori del secolo scorso si interrogavano sul cambiamento che la tecnologia poteva apportare all'umanità.Mezzi come la stampa e la fotografia hanno cambiato il concetto d'arte.Walter Benjamin ha scritto pagine molto importanti sull'argomento. Ecco secondo me si può riflettere anche su questo:la differenza tra mezzo tecnico( il pennello o lo scalpello, ad esempio) e mezzo tecnologico ( la macchina fotografica in questo caso) e le differeze negli artefatti che ne conseguono.
ciao Luigi

LUIGI BICCO ha detto...

>> La fotografia più di ogni altro
>> mezzo tecnico però ( ancor più del
>> video) trascende l'azione
>> dell'autore in quanto non serve
>> che esso abbia alcuna capacità
>> specifica

Ecco. Anche questa cosa non mi aiuta a percepre lo strumento. Il fatto che il caso giochi un contributo a volte troppo ampio.

Ci sono tanti spunti interessanti in questo tuo ultimo commento. Tutti molto personali e si potrebbe parlarne per ore.

Vorrei solo sottolineare,e non lo dico a te in particolare, ma a tutti quelli che sono intervenuti, che anche se alcuni miei dubbi possano far intendere il contrario, io AMO la fotografia :)

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