Cito una delle storie più rappresentative della saga del Re del terrore (Diabolik chi sei?, il numero 107 pubblicato per la prima volta nel 1968) come spunto per una riflessione molto particolare.
Una piccola premessa: con il passare degli anni, come tutti, sono diventato un lettore molto più esigente ed analitico. Le mie letture a fumetti vanno in diverse ma accurate e precise direzioni e, nonostante tutto, mi ritrovo spesso in balia di improvvisi quanto inaspettati ritorni di fiamma e di passione. La miccia si è accesa prendendo in edicola il 1° volume delle ristampe a colori di Diabolik in allegato a Panorama, collana che non avevo - e non ho comunque - intenzione di cominciare. In quel primo volume sono stati ristampati i numeri 101 e 102, episodi comunque cruciali e ben realizzati, a parte poche piccole ingenuità. I disegni fascinosi e retrò del duo Bonato/Facciolo e un Diabolik più cupo e misterioso di quanto ricordassi, hanno fatto in modo che in seguito mi precipitassi in edicola a comprare i numeri mensili disponibili.
Una piccola premessa: con il passare degli anni, come tutti, sono diventato un lettore molto più esigente ed analitico. Le mie letture a fumetti vanno in diverse ma accurate e precise direzioni e, nonostante tutto, mi ritrovo spesso in balia di improvvisi quanto inaspettati ritorni di fiamma e di passione. La miccia si è accesa prendendo in edicola il 1° volume delle ristampe a colori di Diabolik in allegato a Panorama, collana che non avevo - e non ho comunque - intenzione di cominciare. In quel primo volume sono stati ristampati i numeri 101 e 102, episodi comunque cruciali e ben realizzati, a parte poche piccole ingenuità. I disegni fascinosi e retrò del duo Bonato/Facciolo e un Diabolik più cupo e misterioso di quanto ricordassi, hanno fatto in modo che in seguito mi precipitassi in edicola a comprare i numeri mensili disponibili.
Lo spunto di riflessione è arrivato con l'albo inedito di questo mese dove, dietro il titolo La vendetta di Ginko, si narra della spietata caccia dell'ispettore ai danni dell'assassino di una sua collega. Nel colonnino degli autori in fondo all'albo, con mio sommo stupore, ho notato che le persone che hanno lavorato al numero in questione, sono ben sei (esclusi i Zaniboni padre e figlio per la realizzazione della cover), distribuiti così:
- Il soggetto è di Tito Faraci e Mario Gomboli;
- E' tratto da un'idea di Angelo Palmas;
- La sceneggiatura è realizzata da Diego Cajelli;
- I disegni sono di Giuseppe Di Bernardo e Jacopo Brandi.
Allora io mi chiedo, quanto può risultare genuina e pulita una storia partorita da tante teste? Passi che si possa prendere come spunto un'idea per una storia da una persona e che qualcun altro si possa occupare del soggetto vero e proprio (due, però, sono davvero troppi, a mio avviso), quanto è giusto che una quarta persona si occupi poi delle sceneggiature? Perchè passare di mano così tante volte, con il rischio di snaturare il germe di una buona idea? Cosa ne ricava la storia da tutto questo rimaneggiamento?
Come recitava il grande Corrado Guzzanti, probabilmente la risposta è dentro di noi, però è sbagliata.
Gli autori coinvolti in questo episodio sono comunque professionisti del settore da diversi anni e ben capaci di realizzare, in solitaria, una storia di Diabolik. Ma da che io ricordi, spesso e volentieri, alla Astorina hanno adottato questo approccio lavorativo. Capisco che possa risultare dura, dopo più di quarant'anni, ideare soggetti freschi per una serie che prevede una rapina come perno centrale di - quasi - tutte le sceneggiature. Continuo però a chiedermi dove sia il vantaggio - se di vantaggi stiamo parlando - di avere tante mani e teste all'opera. Presumo che l'idea principale sia stata partorita in un modo, che i due soggettisti abbiano rimescolato e completato il tutto e che lo sceneggiatore abbia dovuto a sua volta reinterpretare delle parti, a meno che non sia rimasto pedissequamente fedele al soggetto su menzionato.
Sottolineo che il mio non è un attacco al metodo di lavoro della Astorina, ci mancherebbe altro - anche perché non ho i mezzi per sostenere idee diverse -, trovo semplicemente curioso QUESTO metodo. Sicuramente mi sfugge una qualche dinamica editoriale, ma non lo capisco comunque. Se qualcuno ha delle idee...
- Il soggetto è di Tito Faraci e Mario Gomboli;
- E' tratto da un'idea di Angelo Palmas;
- La sceneggiatura è realizzata da Diego Cajelli;
- I disegni sono di Giuseppe Di Bernardo e Jacopo Brandi.
Allora io mi chiedo, quanto può risultare genuina e pulita una storia partorita da tante teste? Passi che si possa prendere come spunto un'idea per una storia da una persona e che qualcun altro si possa occupare del soggetto vero e proprio (due, però, sono davvero troppi, a mio avviso), quanto è giusto che una quarta persona si occupi poi delle sceneggiature? Perchè passare di mano così tante volte, con il rischio di snaturare il germe di una buona idea? Cosa ne ricava la storia da tutto questo rimaneggiamento?
Come recitava il grande Corrado Guzzanti, probabilmente la risposta è dentro di noi, però è sbagliata.
Gli autori coinvolti in questo episodio sono comunque professionisti del settore da diversi anni e ben capaci di realizzare, in solitaria, una storia di Diabolik. Ma da che io ricordi, spesso e volentieri, alla Astorina hanno adottato questo approccio lavorativo. Capisco che possa risultare dura, dopo più di quarant'anni, ideare soggetti freschi per una serie che prevede una rapina come perno centrale di - quasi - tutte le sceneggiature. Continuo però a chiedermi dove sia il vantaggio - se di vantaggi stiamo parlando - di avere tante mani e teste all'opera. Presumo che l'idea principale sia stata partorita in un modo, che i due soggettisti abbiano rimescolato e completato il tutto e che lo sceneggiatore abbia dovuto a sua volta reinterpretare delle parti, a meno che non sia rimasto pedissequamente fedele al soggetto su menzionato.
Sottolineo che il mio non è un attacco al metodo di lavoro della Astorina, ci mancherebbe altro - anche perché non ho i mezzi per sostenere idee diverse -, trovo semplicemente curioso QUESTO metodo. Sicuramente mi sfugge una qualche dinamica editoriale, ma non lo capisco comunque. Se qualcuno ha delle idee...
9 commenti:
non ne ho idea ma la vendetta di ginko l'ho trovata brutta forte come storia... nemmeno io leggevo diabolik da tempo, e ho preso l'allegato di panorama in vacanza e l'ho trovato una lettura piacevole (al di là dei colori sui retini che non ci stavano, però la storia, i personaggi erano caratterizzati bene e la storia scorreva).
La vendetta di ginko è: prendi un pezzo di the shield, mettici la faccia di angel di dexter, frulla il tutto e metti una spruzzatina di diabolik e il cocktail è pronto
In effetti la questione del "cocktail" è abbastanza vicina a quello che volevo dire nel post.
Anche se, almeno per quanto riguarda Dexter, lo stesso Di Bernardo ha precisato nel suo blog che si tratta di un omaggio sentito.
Per carità, immagino che sia un omaggio, ma mi ha infastidito in fase di lettura. Ha un senso in dexter che si vesta così perchè comunque è ambientato in una città di mare. A clerville sembra solo un demente ;-)
Grazie a Luigi per l'ospitalità su queste pagine.
Non parlo del soggetto dell'albo e dei metodi di scrittura che caratterizzano Diabolik perché non mi compete. Posso solo dire che in mezzo ad un calo generalizzato delle vendite il nostro vecchio e caro Re del terrore continua ad andare egregiamente, quindi immagino che la formula sia, con tutti i suoi limiti, vincente.
Riguardo alla comparsata di Angel specifico che l'idea è venuta al sottoscritto, neppure mi immaginavo che si notasse tanto. Spesso usiamo degli attori per caratterizzare i personaggi. In questo caso morivo dalla voglia di rappresentarlo e non mi sono domandato se le sue camicie potessero farlo sembrare un demente in vacanza a Clerville.
Io, di gente che va in giro abbigliata in modo eccentrico ne ho conosciuta parecchia ;)
Saluti e come sempre: "Lunga vita a Diabolik".
Ciao Giuseppe,
Che piacere averti qui. Benvenuto.
Leggendo un tuo recente post avevo quasi pensato di chiederti un parere sulla questione, ma mi hai anticipato.
Sulla questione delle vendite, nulla da eccepire. Tutti sanno quanto Diabolik continui imperterrito a rimanere sulla cresta dell'onda più in salute che mai. Non avrei mai messo in discussione il dato di fatto, ma solo capire il metodo che si cela dietro le quinte.
La domanda che mi ronza in testa sin dall'inizio è: "a scrivere una storia non ci metterebbe meno una sola persona?"
Ed è proprio da lì che son partito per cercare di capire quali invece possano essere i vantaggi.
Sulla questione Angel: personalmente mi è sembrato un divertente omaggio al personaggio televisivo che citi e nulla più. Anche nei fumetti della Bonelli, i disegnatori riempiono di omaggi di questo tipo i propri albi.
Non lo vedo un problema così complicato come diceva "Anonimo".
Ciao Luigi, grazie a te.
Per rispondere a questa domanda ci veorrebbero l'Editore Gomboli, oppure Tito faraci, ma provo a dare il mio punto di vista.
Diabolik ha la sua forza nella tradizione. Anche graficamente i disegnatori sono sempre gli stessi e le tavole sono realizzate a più mani. Le mie prime matite sono state inchiostrate da Paludetti e Montorio e solo dopo quattro anni di collaborazione, hanno permesso che me le inchiostrasse Jacopo Brandi, anche grazie al suo segno "tradizionale". Per i testi, la faccenda sospetto sia simile. I soggetti partono spesso da idee che neppure nascono in redazione: spunti dei lettori o suggerimenti dell'attivissimo club. La casa editrice "compra" lo spunto (che spesso è poco più di un "cosa succederebbe se..." che viene trattato dai soggesttisti, Gomboli in primis. Il soggetto, atipicamente molto molto dettagliato e di tantissime pagine, viene passato ad uno sceneggiatore, in questo caso il grande Cajelli. Finita la sceneggiatura ci sono degli ulteriori aggiustamenti di redazione.
Perché tutto questo? Per avere il massimo controllo sul personaggio, per evitare che Diabolik e gli altri eroi facciano azioni o dicano cose non coerenti con un ingombrante passato di oltre 700 albi. Il lettore di Diabolik è spesso un lettore che legge SOLO Diabolik e che vuole trovarlo sempre simile a se stesso.
Per una spiegazione più dettagliata e autorevole ti suggerisco di iscriverti alla lista del Diabolik club e porre lì la domanda. Sarebbe molto interessante sentire la risposta degli "alti vertici".
Un caro saluto e complimenti per il blog!
CIAO lUIGI ANCHE IO SONO VENUTA A TROVARTI! TI LEGGO SEMPRE CON PIACERE
cHIARA
Giuseppe:
Grazie per l'ulteriore intervento. Capisco bene il punto di vista e l'approccio "conservatore" nel voler sviluppare le storie mantenendo sempre lo stesso metodo. Non lo condivido appieno, ma lo capisco, insomma. Anche se c'è da dire però che sui Diabolik Giganti semestrali, questa cosa avviene raramente e le storie funzionano comunque benissimo. Anzi.
Iguana:
Grazie 1000, Chiara. Sei sempre la benveuta :)
Esatto. La serie regolare resta simile a se stessa, ma gli speciali sono stati affidati ad un autore come Palumbo che fa dell'essere "autoriale" la sua forza. So che ci sono anche altri progetti simili in cantiere ;)
Alla prossima!
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