Battere i coperchi

Una celebre frase idiomatica piemontese recita "bate le cuverce". Ovverosia battere i coperchi che è come dire essere fuori di testa, impazzire. Che è proprio quello che mi sta accadendo, grazie alle ultime quattro notti passate ovunque, tranne che a letto. Perché è raro che io abbia un mal di schiena, ma quando mi becca, non me la fa davvero passare liscia. In pratica sto bene, ma appena cerco di stendermi (in una qualsiasi posizione) cominciano fitte al vetriolo che mi impediscono anche solo di pensare. Allora non ho trovato nulla di meglio che starmene in cucina, in piedi, a fissare prima il nulla, poi un bicchiere pieno d'acqua, poi l'orologio a muro. Allora almeno ne ho approfittato e ho letto (seduto in posizioni improbabili).

Cosa? Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace (di cui parlerò poi, appena l'avrò terminato), il secondo volume della collection del Capitan America di Lee & Kirby, il cartonato della Planeta dedicato ad Artiglio d'Acciaio (che recensirò a breve per Fumetti di Carta). E poi ho fissato almeno per un'ora una sola, delicatissima vignetta de La Signorina Else di Manuel Fior, che aspetta già da troppo tempo attenzioni da parte mia. L'ho fissata per capire da dove arriva l'ineluttabile appassionato sentimento che spinge una mano a creare cose così semplici, ma allo stesso tempo tanto vive.

E prima della visita fissata dall'osteopata per domani, so che mi aspetta una quinta, lunga, interminabile notte da passare. E stavolta o vado a vedermi finalmente Inception al cinema (e poi ci rifletto tutta la notte), oppure mi riguardo L'Uomo senza sonno di Brad Anderson, che visti i temi trattati...