22.7.16

Mad Men, le stagioni dalla cinque alla sette e fine


Circa un mesetto fa, qui, ti ho parlato di come le prime quattro stagioni di Mad Men mi avessero messo più o meno di buon umore. Mentre scrivevo, in realtà, ero già a metà della quinta e oggi, dopo una run a tappe forzate, ho visto tutto ciò che  rimaneva da vedere.

In giro avevo spesso letto di come l'ultima stagione, la settima, si fosse arrogata il diritto di essere una delle migliori chiusure nel campo delle serie tv. E la cosa, in effetti, è abbastanza probabile.
C'è però da fare una premessa. La quinta e la sesta stagione hanno di fatto offuscato quanto di buono avevo visto fino a quel momento. Si è trattato di un paio di cicli di episodi noiosi, morbosi e tirati per le lunghe. E' stata messa a dura prova anche la mia proverbiale ostilità per l'incoerenza, dove tutta una serie di personaggi sembravano aver dimenticato la propria crescita individuale e le proprie esperienze, per esibirsi in comportamenti al limite del realistico, impegnati com'erano in dialoghi assurdi e spesso privi di senso, scene senza mordente, quando non addirittura futili da un qualsiasi punto di vista, in un tragicomico quotidiano che sembrava non poter essere diverso da una contrita telenovela argentina.


Ovviamente sto anche esagerando (sai che mi piace farlo). Di cose buone ce ne sono state, ma per la maggior parte del tempo ha prevalso in effetti la noia accompagnata dalla silenziosa, mesta speranza che gli autori prendessero finalmente una direzione. La lezioncina profumata e leziosa da buon autore televisivo viene sciorinata ad ogni episodio, per carità, ma la trama principale subisce gravi flessioni mostrando dei protagonisti distrutti e consumati dalla vita senza un motivo apparente (a volte la cosa è voluta in modo da mettere sotto le luci qualche deplorevole carattere, ma a volte no).
In particolare la storia di Don Draper, quella dalla sua adolescenza alla giovinezza, che pure qui è il motore principale di tutta la serie, si defila dopo qualche sporadica scenetta che vuole raccontarci una vita drammatica meno drammatica di quanto si prefigge di farci credere.


Nonostante questo, e granzie a Dio, è poi arrivata la settima e ultima stagione dove si è tolto il vino dal decanter e riempito il bicchiere. Le cose hanno cominciato a respirare verso una direzione ben precisa e i personaggi principali sembravano aver subodorato la strada lastricata che li avrebbe portati tutti, eccitati e nervosi, verso l'inevitabile finale.
Per inciso, non sono mancati anche qui dei momenti di noia, ma siamo ben lontani dalle precedenti due stagioni.

Il finalissimo di coda (in cui un ruolo tutt'altro che marginale lo gioca la McCann Erickson, agenzia di pubblicità fondata nel 1902 e ancora oggi esistente) è in effetti una lezione di grande televisione, anche se diversi nodi, voluto o meno che sia stato, non sono venuti al pettine.
Gli ultimissimi secondi dell'ultimo episodio, in particolare, piacerebbero a chiunque. A chi ha avuto a che fare con il mondo della pubblicità e affini, ha addirittura lasciato una sensazione di vuoto mista a nostalgia. Perché accade che si accende una scintilla come se ne accendono una o due nell'arco di un'intera vita. Con tanto di sorpresona finale che un po' di brividi li mette. Ma che ci fa anche capire che poco o nulla cambierà. Perché per quanto il buonismo popolare voglia farci credere il contratio, le persone NON cambiano. Al limite evolvono (in meglio o in peggio, sta solo a loro deciderlo).


Alla fin fine si, mi mancherà Don Draper ma anche Peggy Olson, Roger Sterling, Joan Holloway (che pure a sprazzi ha rappresentato, insieme alla seconda moglie di Don, il personaggio più bersagliato in quanto ad incoerenza) e anche qualcun altro. Forse addirittura Pete Campbell, guarda.

Ma più di tutti mi mancherà Stan Rizzo, art grafico della Sterling Cooper, personaggio secondario ma meglio strutturato di tanti altri, perché è divertente e cinico, ma nei limiti consentiti dal buon senso. Silenzioso, taciturno e un po' musone, Stan è un tipo riservato solo all'apparenza, illuminato da improvvise scintille guascone e tanta voglia di sfottere. 
Mi ha sempre fatto ridere, anche quando agli altri diceva poco. Fino a scoprire (segretamente suggeritomi da mia moglie) che probabilmente mi assomiglia. E non poco. Forse parecchio.

Forse anche fisicamente c'è qualche accenno di somiglianza. Molto alla lontana.

Alla fine di questo viaggio, per quanto ci siano stati gli inevitabili alti e bassi (forse con due o tre stagioni in meno, la serie ci avrebbe guadagnato), la sensazione è quella di aver fatto parte di un viaggio interessante che varrà la pena di ricordare con una punta di nostalgia. E gli anni '60 e '70 fanno parecchio, in questo senso. Anche se, devo ammetterlo, mi sarebbe piaciuto che le ambientazioni fossero state congelate ai primissimi episodi, alla fine di quei meravigliosi (per certi versi e non per altri) anni '50.

Secondo wikipedia, lo scorso primo giugno Don Draper avrebbe compiuto la bellezza di novant'anni tondi tondi. E io mi sono sorpreso a chiedermi che cosa starebbe facendo oggi, se fosse ancora vivo.








2 commenti:

CyberLuke ha detto...

Forse a suo tempo ti dissi che, incuriosito dalle recensioni positive (forse una era anche la tua) avevo affrontato Mad Men, partendo dalla prima stagione.
Ma, ahimè, come sono solito dire, le serie tv sono personali come poche altre cose: se non vanno a toccare qualcosa d entro di te, sono solo un mucchio di riprese e di dialoghi e di ambientazioni.
Sapessi quante ne ho mollate per strada, e Mad Men non è arrivata a farsi guardare fino al quarto o quinto episodio.
Più in generale, poi, credo che nessuna serie dovrebbe tirarla così per le lunghe: Lost stesso ha avuto una stagione di troppo, Fringe idem, gusto per citare le due che mi sono piaciute di più, ma se iniziassi a farti l'elenco di quelle che si sarebbero dovuti fermare alla prima (perché già la seconda faceva cagare) non finirei più.
E comunque, John Hamm ha una volto che buca lo schermo (mi accorsi di lui nello speciale natalizio di Black MIrror): spero di rivederlo presto in qualche altra produzione.

LUIGI BICCO ha detto...

Jon Hamm ha una bella presenza, si. Spero di vederlo anch'io presto da qualche altra parte.
Ovviamente il discorso è sempre lo stesso. A ognuno le sue serie tv. In Mad Men ci sono state delle cose carine, altre lasciate in sospeso, altre buttate lì un po' alla cazzo. Ma alla fin fine qualcosina di buono lo lascia.
Probabilmente l'idea alla fine dell'ultimo episodio ti sarebbe piaciuta :)

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