19.2.16

Justified. E cinque. Tanti casini, un filo meno tesa, ma bella come tutte.


Ahh. Che serie, Justified. Dalla visione della quarta stagione (di cui ti ho parlato qui) è passato un po' di tempo. Fin troppo. Ma alla fin fine non è che possa star lì ad aspettare chissà cosa e sono quindi tornato a solcare le strade del Kentucky per continuare il discorso lasciato in sospeso.
Ho fatto una pausa perché volevo centellinare gli episodi in vista della sesta e ultima stagione che lascerà di sicuro un profondissimo vuoto.

Avevamo lasciato il marshal Raylan Givens sul filo del rasoio. Un uomo dai contorni sempre più sfocati, sempre più in bilico tra bene e male.
In questa 5a stagione succedono un sacco di cose. La trama porta avanti una matassa abbastanza intricata con tre o quattro situazioni che si incrociano a dovere e con la stessa solita leggiadria. Sottotrame, tra l'altro, che quasi possono essere seguite indipendentemente una dall'altra per tornare poi, solo alla fine, su un unico binario.


Raylan ha lasciato in Florida una ex moglie e una bimba di pochi mesi con la promessa di passare a trovarle quanto prima. Difficile per lui conciliare l'uomo cresciuto nel freddo distacco paterno con il ruolo di padre che da quel momento in avanti dovrebbe ricoprire. Il rapporto con la ex non è mai stato saldato e quindi ci scappa anche il tempo per una nuova fiamma. Per non parlare dei problemi con Art Mullen, il capo, derivati proprio dal suo modo sempre più libertino di applicare e interpretare la legge.


Dall'altro lato Boyd Crowder ha visto sfumare sempre di più il suo piccolo impero criminale per colpa di "benemeriti" cittadini che hanno voluto mettere a freno il suo potere perché non compatibile con il loro. Tra esponenti di spicco della dixie mafia di Miami, il cartello della mala messicana e vecchie conoscenze, a Boyd non resta altro che cercare di fare il "salto" oltrepassando l'estremo confine a sud degli Stati Uniti per cercare nuove strade percorribili.


Altra protagonista è Ava Crowder, la moglie di Boyd, che si vede relegata tra le sbarre del penitenziario di Stato dopo i pasticci e i misfatti della precedente stagione. Come si sa, la vita in carcere può essere parecchio dura. E quella in un carcere femminile sembra pure peggio. Tra droga, guardie pervertite, detenute naziste e fanatiche religiose, non sai dove voltare la testa.


A complicare il tutto, ad Harlan arrivano anche i Crowe al gran completo, temibile famiglia fino a quel momento rintanata nelle paludi del sud della Florida a cacciare coccodrilli, ma con le mani luride e impantanate in bel altri affari. Darryl jr., Danny, Dilly, Wendy, il giovane Kendal e il cajun Jean Baptiste sono quindi lo stuolo di sconsiderati personaggi di turno addetti a portare "aria fresca" in città.
E sarà anche per colpa loro che Raylan dovrà di nuovo decidere se scendere a compromessi e sfiorare con mano il lato oscuro della forza.

La spietata, rancorosa faccia di Raylan nel tête-à-tête finale.

Tra le facce nuove, sono da segnalare il bravo Michael Rapaport (Il Sesto Giorno, Corpi da Reato, Boston Public, Prison Break) e la bella Alicia Witt (88 Minuti, The Walking Dead).
Tra quelle vecchie, a parte i soliti Timothy Olyphant e Walton Goggins sempre più in parte, anche il mefistofelico Jere Burns che con il suo personaggio, Wynn Duffy, sgomita e trova adesso un po' più di spazio.

Rispetto alle precedenti, questa quinta stagione è meno tesa. E i "cattivi", per quanto ben caratterizzati, sono forse meno spaventosi (peccato per il cajun Jean Baptiste, character parecchio interessante che avrebbe meritato di essere approfondito molto di più). Ma come al solito tutto è organizzato a meraviglia con dei tempi narrativi davvero ispirati.
Il finale appare scontato, forse, ma con un buon cliffhanger che spiana la strada con ampio anticipo alla gigantesca, inevitabile chiusura prevista per la prossima e ultima stagione.









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