Sul numero della scorsa settimana di SETTE, l'allegato del Corriere della Sera, ho trovato un interessante articolo redatto da Franca Porciani (titolo: "Nati tra i Libri") che intervista gli eredi di alcune dinastie editoriali italiane e ne racconta le sfide. Si parla di (e con) Florindo Rubettino, Fiorenza Mursia, Ilaria Angeli, Barbara Hoepli e Vittorio e Raffaello Avanzini, le loro storie e l'impresa che è stata raccogliere le eredità familiari. Alcune affondano le radici nella storia, come nel caso della Hoepli il quale fondatore cominciò con l'acquisto di una sola libreria a Milano nel 1870.
In un trafiletto grafico in chiusura all'articolo, il mercato dell'editoria italiano in sei cifre, si riassumono invece i seguenti, interessanti dati:
In un trafiletto grafico in chiusura all'articolo, il mercato dell'editoria italiano in sei cifre, si riassumono invece i seguenti, interessanti dati:
1.
I nuovi titoli pubblicati ogni anno nel nostro Paese
sono ben 60.000. Di conseguenza,
ben 5.000 novità editoriali ogni mese.
sono ben 60.000. Di conseguenza,
ben 5.000 novità editoriali ogni mese.
2.
In 1,4 miliardi di euro è tradotto il valore di questo
business. Il dato si riferisce al mercato italiano del 2011,
mentre per il 2012 si calcola che le novità in libreria,
sono calate del 28,8%.
business. Il dato si riferisce al mercato italiano del 2011,
mentre per il 2012 si calcola che le novità in libreria,
sono calate del 28,8%.
3.
Il 9% dei nuovi titoli disponibili è reperibile
anche in versione elettronica.
4.
Invece risulta essere l'1% il dato di vendita
in italia dei libri in versione e-book.
Come dato di confronto, negli Stati Uniti è il 25%.
5.
Il 13,8% sono i lettori forti. Ovvero quelli che leggono
almeno un libro al mese. E rispetto al 2011 si calcola
siano diminuiti del 15,1% (dati Istat).
6.
Infine, il 51,6% sono donne lettrici. Oggi più della metà
delle italiane legge libri, contro il 38,5% degli uomini.
anche in versione elettronica.
4.
Invece risulta essere l'1% il dato di vendita
in italia dei libri in versione e-book.
Come dato di confronto, negli Stati Uniti è il 25%.
5.
Il 13,8% sono i lettori forti. Ovvero quelli che leggono
almeno un libro al mese. E rispetto al 2011 si calcola
siano diminuiti del 15,1% (dati Istat).
6.
Infine, il 51,6% sono donne lettrici. Oggi più della metà
delle italiane legge libri, contro il 38,5% degli uomini.
Ora. A me, calcolatrice alla mano, qualche riflessione e due conti mi vengono spontanei. Ad esempio che è anni che si parla di crisi del settore e della tendenza degli italiani a smettere di leggere. Però il dato al punto 1 sembra disarmante, un deterrente alle voci di cui sopra. 60.000 novità all'anno è un dato oggettivo parecchio particolare. E' vero che le case editrici in Italia sono davvero tante e che molte piccole realtà editoriali nemmeno si conoscono, ma 5.000 nuovi volumi ogni mese non mi sembrano pochi. Significa che ogni giorno compaiono sugli scaffali delle librerie 166 nuove pubblicazioni. 166 libri al giorno.
E al punto 2 si richiama l'attenzione sul fatto che le suddette novità sono calate del 28,8% rispetto al 2011. Questo significa che nel 2011 si sono pubblicati qualcosa come 78.000 volumi, 65.000 ogni mese, 216 nuovi libri ogni giorno.
Io ho sempre capito che gli editori italiani, la maggior parte almeno, pubblicano titoli solo se credono che possa esserci un ritorno economico. Al limite andare in pareggio, se tieni a pubblicare un titolo in particolare. Non lo fanno per amore della cultura (a parte pochi rarissimi casi). Questo vuol dire che la maggior parte di quei 60.000 nuovi titoli sono stampati e distribuiti con cognizione di causa. Ssssi. Una cosa del genere, comunque.
Il dato di vendita dell'1% in versione e-book è sconvenientemente basso. Non sono mai stato un sostenitore della lettura elettronica e in passato mi è più volte capitato di esprimere il mio pensiero in proposito. Ovvero che il fenomeno e-book è destinato, in Italia, a procedere davvero a rilento se non a sgonfiarsi del tutto da qui a qualche anno, esattamente come il 3D nelle sale cinematografiche. Personalmente credo più alla prima ipotesi e il dato di vendita del prodotto elettronico negli Stati Uniti (25%) la dice lunga sulla questione. L'Italia è terra di cultura (che ci crediate o no) e soprattutto molto tradizionalista. L'oggetto libro rimane per ora di gran lunga preferito a qualsiasi supporto elettronico. A chi ha detto che "in Italia la cultura non da soldi": sei la persona sbagliata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sappilo.
Al punto 5 sono considerati lettori forti quelli che leggono almeno un libro al mese. E' un dato relativamente sbagliato. Io leggo un libro al mese (a volte meno), ma non mi sono mai considerato un lettore forte, anzi. Sono un lettore molto, molto selettivo. Ma se vogliamo far fede a questo dato (13,8%), visto che in Italia si stimano poco più di 60.000.000 abitanti, vuol dire che almeno 8.000.000 di italiani sono lettori forti. Una media tutt'altro che insoddisfacente, credo. E bisognerebbe mettere sul piatto anche i lettori "meno" forti, che magari leggono 3, 4 o 5 libri all'anno e i lettori "super" forti che leggono più di un libro al mese.
Altro fattore sul quale porrei molta attenzione. Il punto 6. Il 51,6% delle donne italiane legge libri, ovvero più della metà della popolazione femminile italiana, si sottolinea giustamente. Giustamente perchè questo è un altro dato incredibile, meraviglioso, a mio modo di vedere. Complimenti alle donne. Poi si pone l'accento sul fatto che, invece, leggono libri "solo" il 38,5% degli uomini italiani. Non so quale sia il rapporto numerico uomo/donna in Italia, ma a me continuano a sembrare percentuali assurdamente alte di lettori e lettrici.
Sono questi i dati che dovrebbero sancire la tanto famosa crisi? O forse continua a far comodo a qualcuno farci credere che gli italiani non leggono abbastanza e sono degli ignoranti di carta straccia? Dov'è la verità?
Interessante quesito per il quale io, naturalmente, non ho una risposta. Solo una riflessione sincera. Secondo me, in Italia si legge il giusto. Probabilmente in modo sbagliato, ma il giusto. E intanto sento voci che confermano che il Salone del Libro di Torino è stato preso d'assalto da tutta Italia e che la metro è impraticabile.
E io dovrei pure farci un salto domani, al Salone. Dopo tre anni di assenteismo ricercato. Perchè nei giorni di Salone a Torino, se vai in una libreria qualsiasi non ci trovi nessuno. E non c'è occasione migliore per mettersi a spulciare e sfogliare libri con tutta tranquillità. Senza la calca e la ressa. Senza l'andirivieni di gente che, al Salone, ci va solo perchè fa intelligente. Provate a vedere quante persone ne escono con qualche acquisto sotto braccio e capirete di cosa parlo. E poi magari LORO (le piccole librerie) ti fanno pure uno sconto.
Bòn. Adesso sto zitto. Non ne voglio più parlare.
E al punto 2 si richiama l'attenzione sul fatto che le suddette novità sono calate del 28,8% rispetto al 2011. Questo significa che nel 2011 si sono pubblicati qualcosa come 78.000 volumi, 65.000 ogni mese, 216 nuovi libri ogni giorno.
Io ho sempre capito che gli editori italiani, la maggior parte almeno, pubblicano titoli solo se credono che possa esserci un ritorno economico. Al limite andare in pareggio, se tieni a pubblicare un titolo in particolare. Non lo fanno per amore della cultura (a parte pochi rarissimi casi). Questo vuol dire che la maggior parte di quei 60.000 nuovi titoli sono stampati e distribuiti con cognizione di causa. Ssssi. Una cosa del genere, comunque.
Il dato di vendita dell'1% in versione e-book è sconvenientemente basso. Non sono mai stato un sostenitore della lettura elettronica e in passato mi è più volte capitato di esprimere il mio pensiero in proposito. Ovvero che il fenomeno e-book è destinato, in Italia, a procedere davvero a rilento se non a sgonfiarsi del tutto da qui a qualche anno, esattamente come il 3D nelle sale cinematografiche. Personalmente credo più alla prima ipotesi e il dato di vendita del prodotto elettronico negli Stati Uniti (25%) la dice lunga sulla questione. L'Italia è terra di cultura (che ci crediate o no) e soprattutto molto tradizionalista. L'oggetto libro rimane per ora di gran lunga preferito a qualsiasi supporto elettronico. A chi ha detto che "in Italia la cultura non da soldi": sei la persona sbagliata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sappilo.
Al punto 5 sono considerati lettori forti quelli che leggono almeno un libro al mese. E' un dato relativamente sbagliato. Io leggo un libro al mese (a volte meno), ma non mi sono mai considerato un lettore forte, anzi. Sono un lettore molto, molto selettivo. Ma se vogliamo far fede a questo dato (13,8%), visto che in Italia si stimano poco più di 60.000.000 abitanti, vuol dire che almeno 8.000.000 di italiani sono lettori forti. Una media tutt'altro che insoddisfacente, credo. E bisognerebbe mettere sul piatto anche i lettori "meno" forti, che magari leggono 3, 4 o 5 libri all'anno e i lettori "super" forti che leggono più di un libro al mese.
Altro fattore sul quale porrei molta attenzione. Il punto 6. Il 51,6% delle donne italiane legge libri, ovvero più della metà della popolazione femminile italiana, si sottolinea giustamente. Giustamente perchè questo è un altro dato incredibile, meraviglioso, a mio modo di vedere. Complimenti alle donne. Poi si pone l'accento sul fatto che, invece, leggono libri "solo" il 38,5% degli uomini italiani. Non so quale sia il rapporto numerico uomo/donna in Italia, ma a me continuano a sembrare percentuali assurdamente alte di lettori e lettrici.
Sono questi i dati che dovrebbero sancire la tanto famosa crisi? O forse continua a far comodo a qualcuno farci credere che gli italiani non leggono abbastanza e sono degli ignoranti di carta straccia? Dov'è la verità?
Interessante quesito per il quale io, naturalmente, non ho una risposta. Solo una riflessione sincera. Secondo me, in Italia si legge il giusto. Probabilmente in modo sbagliato, ma il giusto. E intanto sento voci che confermano che il Salone del Libro di Torino è stato preso d'assalto da tutta Italia e che la metro è impraticabile.
E io dovrei pure farci un salto domani, al Salone. Dopo tre anni di assenteismo ricercato. Perchè nei giorni di Salone a Torino, se vai in una libreria qualsiasi non ci trovi nessuno. E non c'è occasione migliore per mettersi a spulciare e sfogliare libri con tutta tranquillità. Senza la calca e la ressa. Senza l'andirivieni di gente che, al Salone, ci va solo perchè fa intelligente. Provate a vedere quante persone ne escono con qualche acquisto sotto braccio e capirete di cosa parlo. E poi magari LORO (le piccole librerie) ti fanno pure uno sconto.
Bòn. Adesso sto zitto. Non ne voglio più parlare.
7 commenti:
Mah.
Se devo giudicare da quello che vedo, non posso che essere concorde con i dati più pessimisti.
Non vedo nessuno che legge.
Nel mio ufficio, nessuno legge.
Quando i miei colleghi sono in pranzo da soli, ruminano con lo sguardo perso nel vuoto. Quando sono in compagnia, che te lo dico a fare.
Ieri ho lasciato lo scooter alla Honda per la revisione, e ho raggiunto l'ufficio a piedi e poi con un autobus.
L'unico che ho incontrato che leggeva era un pensionato che sfogliava un free press.
Al bar, nessuno leggeva. Anzi sì, uno che sbirciava la Nottola attaccata al frigo.
Forse leggono nell'intimità delle loro case.
Ma tra cinquecento canali satellitari tra cui poter scegliere, e l'offerta virtualmente infinita di Internet (quando non c'è una famiglia a cui dare –giustamente– i resti), ci credo poco, davvero poco.
Io stesso, che adoro leggere, non riesco a finire un dannato libro in meno di un mese, considerato il tempo libero che mi rimane a fine giornata.
Bisogna aggiungere una riflessione a monte, cioè distinguere libri prodotti da editori a rischio d'impresa e quelli da editori a pagamento. I primi varcheranno la soglia del profitto solo a partire dalla vendita effettiva delle copie. I secondi ricevono i soldi dal sedicente poeta/scrittore-committente. Stampano il libro, forse lo distribuiscono (ma no, che io sappia) e hanno già beccato i quattrini. A questo punto tra quelle 60mila novità all'anno, quali sono quelle prodotte da editori a rischio d'impresa? Cioè quegli editori che propongono regolari contratti agli autori riconoscendogli legittime royalties, che stampano i libri come si deve, li promuovono, li distribuiscono e li dotano di ISBN. Ecco, questo è importante.
Mi sembrano dati ottimistici, in effetti. Più interessante sarebbe sapere quante, di queste 60.000 novità, supera le poche decine di copie vendute. Oppure quanti leggonopiù di un libro al mese: secondo me pochi.
@ Luca:
Probabilmente ti scontri di continuo con la rimanente percentuale. Quella che di libri non ne legge nemmeno uno all'anno :)
Anch'io sono abituato a ritagliarmi uno spazietto per la lettura e per la maggior parte delle volte si riduce a quell'oretta a letto, prima di chiudere gli occhi. A volte basta per finire un libro in poco tempo. Altre volte diventa lunga. Ma io non devo andare da nessuna parte. Come recitava uno spot della Fiat, il bello del viaggio non è arrivare a destinazione, ma il viaggio stesso.
@ Giovanni:
Non so quanto la riflessione che proponi possa andare ad incidere sui dati effetivi snocciolati dall'Istat. La questione, credo, non sta tanto nel capire quanti di quei libri vengano stampati in un certo modo, ma, nonostante tutte le "magagne", quanti vengano effettivamente stampati. Se pensi che la sola Mondadori (leader del mercato) possiede una quota del 27% sul mercato totale (e poi segue l'RCS al 12%), mi vien da pensare che la maggior parte di quelle uscite siano "regolari". Però effettivamente ci sarebbero tante cose da capire, rispetto a quei dati. Mmm... il solo parlare di editori a pagamento mi fa venire la pelle d'oca.
@ Giulio:
Anche a me sembrano parecchio "gonfi". E' interessante sapere quanti di quei 60.000 titoli superino le poche decine di copie vendute? Io direi soprattutto che sarebbe interessante sapere come si faccia a continuare a stampare titoli a rischio, dal momento che ci vai a perdere. Questione da sottoporre soprattutto ai piccoli editori. I grossi calibri ammortizzano come vogliono. I piccoli non capisco come possano fare.
Tu dici che sono pochi, quelli che leggono più di un libro al mese? Secondo me sono pochissimi. Rari. Che si contano sulle dita di poche mani :)
Altro dato su cui riflettere: quante di queste 60mila novità sono davvero novità e non ristampe/riproposte di vecchie edizioni/classici? Quanti i titoli italiani prodotti? Perchè un conto è stampare un classico (cioè un testo di pubblico dominio), un altro tradurre un titolo straniero (pagando i soli diritti di traduzione), un altro pubblicare un libro italiano originale, insomma una produzione nuova a tutti gli effetti. Fatta questa scrematura, al netto delle cosidette pubblicazioni a pagamento, solo allora si può ragionare sulle copie vendute, su costi/ricavi, secondo me.
In non ricordo più che trasmissione televisiva dicevano che la metà dei libri pubblicati in Italia vende 0 (ZERO) copie.
Gli editori a pagamento sono una realtà consolidata già da anni e anche nomi famosi arrivano ad acquistare un tot di copie del loro libro dall'editore a mo' di cauzione.
Sui diritti d'autore Umberto Eco diceva che in Italia gli autori che possono camparci sono meno di 10.
@ Giovanni:
Quello che poni è un altro spunto interessante. L'articolo in realtà parla proprio di "novità editoriali", voglio avere fiducia e credere che quei dati si riferiscano appunto ai "nuovi" titoli e non all'ennesima ristampa. Con quelle si arriverebbe probabilmente a tutt'altra serie di numeri.
@ Luca:
Sulla questione che gli scrittori possano campare solo scrivendo libri, Eco ha perfettamente ragione. E' capitato anche a me di leggere diverse interviste ad altri scrittori che rimarcavano questa cosa. Devi essere un autore di best seller, quanto meno, e nemmeno è detto che tu ci possa campare con agio (su questa situazione si è espresso anche Camilleri).
Sulla questione degli editori a pagamento non ho dati. Fortunatamente, la mia conoscenza a proposito di realtà editoriali mi permette il "lusso" di non conoscerne nemmeno uno. Non saprei fare nemmeno un nome, insomma, nonostante il fenomeno sia tanto diffuso.
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