9.9.16

Di tutto un po', nel mentre di questa calda estate che non accenna a terminare

Per tornare, sono tornato. E già da parecchio. Ma non è che abbia tutta questa voglia di dire, fare, baciare. Ho passato una parentesi in meditazione (con la testa sempre altrove, proiettata al domani), costellata da qualche momento di lettura e di visione.
Sto teneramente riflettendo anche sull'esistenza stessa di questo blog. Non tanto perché ormai è un fuggi fuggi da questo modo di "fare" il web, quanto perché ormai sempre più impegni mi tengono lontano dalla rete.
Probabilmente qualche post apparirà ancora, ma di sicuro con una periodicità più dilatata. Probabilmente, ad un certo punto, smetterò del tutto perché "così è, se vi pare". 

Intanto, però, se solo avessi voglia potrei dirti che in questa pausa estiva, dei libri visti nella foto del post precedente, ho letto quasi tutto.


Mi sono gustato Destinazione Inferno di Lee Child, il secondo capitolo delle gesta di Jack Reacher, forse un pelo meno coinvolgente del primo libro, ma comunque interessante in quanto a spunti e tematiche. E 92 Giorni di Larry Brown, un piccolo grande gioiello, secondo molti, ma che io ho apprezzato poco, cavalcando, come fa, certi temi tanto cari a Bukowski o John Fante. Di sicuro sarebbe interessante capire quanto della propria vita Brown abbia riversato in questo scritto.
Sto finendo di leggere anche Sul Mare. Racconti di sole e di vento, una raccolta messa a punto dalla torinese Lindau, con chicche davvero degne di nota come il racconto L'uomo che amava le isole di David Herbert Lawrence e altre assolutamente trascurabili come Il Cane, breve scritto firmato da Grazia Deledda che col mare ci appizza davvero poco. E infine, il Meridiano di Sangue di Cormac McCarthy, epico romanzo western che se da un lato ha il merito di immergerti in certi scenari come poche altre cose scritte, dall'altro risulta molto più lento e appassionante di altre cose dello scrittore cresciuto in Tennessee.

Se avessi voglia, poi, ti direi che anche di fumetti ho letto qualcosa.


Lo Speciale Martin Mystére (il 33°) intitolato Troppi Super-Eroi! è il terzo ambientato nel mondo alternativo degli anni '30 (Castelli e Alessandrini sono sempre una sicurezza e se vicino ci metti pure le 50 sagaci pagine che festeggiano i trent'anni del world wide web, a conti fatti questo speciale annuale è ormai uno degli appuntamenti estivi a fumetti più interessanti in circolazione). 
E il Nathan Never Magazine 2016, come l'anno scorso, ristampa storie lunghe e brevi dei bei tempi che furono. Avevo letto già tutto, ma è stato bello rivivere certe sensazione legate ai primi anni '90. Il Numero 100, tutto a colori, è stato propinato a chi fa rientrare le più belle storie dell'Agente Alfa solo nella prima ventina di uscite. Ma la sorpresa è stata il divertente Guerra alla Yakuza, breve storia che fu pubblicata in un fascicoletto allegato al videogame Nathan Never - The Arcade Game, distribuito dalla Genias nel 1992 e che fu una delle rare cose dedicate al personaggio che, all'epoca, non riuscii a recuperare. 


Il terzetto di albi di Nathan Never #301/303 raccoglie invece la fine della saga di Omega, opera scritta da Michele Serra (che annuncia il suo abbandono definitivo alle storie della serie) e disegnata da Sergio Giardo. Sarà che mi mancano dei pezzi recenti della vicenda o il fatto che non ho mai ritenuto Omega un cattivo troppo spaventoso, ma la storia, per quanto godibile e costellata da spunti interessanti, non mi ha particolarmente convinto. Va detto però che ha generato davvero tante chiacchiere e ipotesi sulla reale o fittizia morte di molti protagonisti e molti appassionati l'hanno definita come la Crisis on Infinite Earth in casa Bonelli (qualcuno addirittura ipotizza che Nathan Never Anno Zero, attualmente in corso di pubblicazione, racconti la realtà di questo Nathan Never alternativo).
Ho sempre visto il mondo di Nathan Never più simile a quello di Blade Runner che non a quello dei mega eventi Marvel o DC Comics. Quindi mi siedo e aspetto di capire se la cosa possa davvero avere un'evoluzione.


Gli ultimi tre albi del ranger e compagnia (Tex #668/670) presentano invece una storia unica, scritta da Boselli, che ci porta nel conflitto tra la cofederazione Kiowas sul piede di guerra, guidata da Lone Wolf e dallo sciamano Maman-Ti, e le truppe del celebre colonnello Ranald Mackenzie, meglio noto con il nomignolo "Mano cattiva".
La storia ha un respiro ampio ed è ben strutturata, come spesso accade quando a occuparsi dei testi è Boselli. Probabilmente, però, il tutto sarebbe entrato comodo anche in soli due albi (questa volta ci sono veramente troppe, troppe, troppe parole. Anche meno, Mauro).
Da elogiare il lavoro del bravissimo Stefano Biglia, qui alla sua prima prova lunga dopo l'esordio con la bella storia breve comparsa sul Color Tex che omaggiava l'Hotel Azzurro di Stephen Crane.


Ammetto che conoscevo poco o nulla di Luc Orient (pubblicato sulla "Collana Avventura" della Gazzetta dopo la fine di Bernard Prince). In casi come questo mi sono sempre affidato ai pareri degli appassionati della bédé molto più esperti di me che da sempre tessono le lodi della serie scritta da Greg e disegnata da Eddy Paape definendola uno dei grandi classici di fantascienza del fumetto franco belga.
Invece devo dire che dopo aver letto i primi tre albi (che raccolgono per intero il ciclo di Terango), nonostante le buone intenzioni e una lettura comunque scorrevole, la serie non sembra andare oltre i cliché dell'epoca, con tempi narrativi davvero troppo dilatati.
Lo spirito dei classici c'è tutto, ma già nella costruzione dei personaggi si sfiora candidamente il plagio (il terzetto di scienziati composto dal professor Hugo Kala, Luc Orient e Lora Hansen, ricordano davvero troppo da vicino il dottor Zarkov, Flash Gordon e la bella Dale Arden, per tacere dell'assonanza tra i nomi dei pianeti protagonisti dei rispettivi primi cicli, "Mongo" e "Terango"). Più che di una vera e propria delusione, in realtà, sto parlando di un bel po' di noia. Curioso ora di leggere anche il secondo ciclo, anche se poco fiducioso.

Infine, sempre avendo voglia, avrei potuto raccontarti di come, approfittando della momentanea assenza di moglie e figlio, mi sia rimesso in carreggiata con il genere action cinematografico, vedendo film vecchi e nuovi che da tempo pregavano per una visione.


Il primo Mission: Impossible, quello firmato da Brian de Palma, all'epoca di piacque davvero parecchio. Il secondo, invece, mi nauseò quasi subito (un gigantesco, odioso spot commerciale per automobili, capi d'abbigliamento e orologi). Il terzo di J. J. Abrams (e i suoi dannati lens flare) credo di non averlo nemmeno visto tutto. Ho sempre sperato però che la serie potesse risollevarsi scrollandosi quall'aurea pacchiana e polverosa di dosso. E la cosa sembra essere successa proprio con gli ultimi due capitoli.
In M:I IV - Protocollo Fantasma, Ethan Hunt e soci devono rintracciare un pericoloso terrorista dal nome in codice "Cobalt" che è entrato in possesso dei codici di lancio di missili nucleari russi. Il film funziona parecchio bene (anche più di quello successivo) forse anche grazie alla sapiente regia di mister Brad Bird (che di certe cose se ne intende).
In M:I V - Rogue Nation, il regista Christopher McQuarrie (che aveva già diretto TomTom Cruise in Jack Reacher - La Prova Decisiva) metterà gli agenti della IMF sotto torchio, sulle tracce di un'attività criminale che agisce nell'ombra, e a livello internazionale, nota come Il Sindacato.
Godibilissimi entrambi ma, ripeto, il quinto capitolo un pelo meno del quarto (impreziosito anche, e non poco, dalla presenta della bella Paula Patton).


Die Hard - Un buon giorno per morire. Ma il sottotitolo giusto sarebbe stato "un buon giorno per tenere il televisore spento". Già il quarto film (Vivere o Morire) si era rivelato un mezzo disastro. Questo è addirittura riuscito a fare peggio. Un filmetto insignificante che mal gestisce il peso della trilogia originale e che presenta un Bruce Willis vecchio, rugoso e privo di battute mitiche (una mezza bestemmia, insomma) alle prese con un figlio un po' ottuso a cui volentieri elargiresti una cinquina in faccia ogni due per tre ("porta rispetto a tuo padre, imbecille"). Automobili che saltano, elicotteri che sparano e nient'altro. Con l'aggravante che la regia (di John Moore) e il cast (Willis a parte, che non si tocca MAI), non dicono granché. Una disfatta.

The Equalizer, invece, è stata una bella sorpresa. Antoine Fuqua (volenteroso regista di Training Day, Attacco al Potere o del prossimo remake de I Magnifici 7) porta in scena un attempato ma sempre meraviglioso Denzel Washington nei panni di Robert McCall, impegato presso l'home mart di Boston. Le cose cambiano quanto Robert conosce Teri, una giovane prostituta russa che finisce immancabilmente nei guai.
Trama sottilissima (praticamente è quasi tutta qui), ma la sorpresa sta nell'essere spettatori del cambiamento repentino di Robert che dimostra di essere stato ben altro, prima del classico uomo qualunque, affabile e generoso.
The Equalizer è quel genere di film che dà soddisfazione a chi guarda, dove il protagonista è il classico raddrizzatorti che vince sempre e comunque, senza mai vacillare. Il cattivo di turno sembra un cattivo, ma al suo cospetto perde ogni fascino. E come si fa, ti chiederai tu, ad apprezzare una roba del genere? Si fa, si fa. Provare per credere.

Ecco. Se avessi voglia, potrei raccontarti tutte queste cose, ma non ce l'ho. Allora mi limito a salutarti come si confà con un vecchio amico di viaggio, sperando che si possa condividere di nuovo quei post(i) sul treno. Ma che se così non fosse, significherebbe solo che ho trovato di meglio da fare.

3 commenti:

La firma cangiante ha detto...

Che dire? Diciamo che tutto ciò di cui solitamente mi nutro tra le pagine virtuali di Prima o poi qui passa in secondo piano davanti alla tua voglia di smettere o di mollare un po' la presa. Ci siamo passati tutti e più volte. Però a me dispiace, in questo caso in maniera particolare (e ne ho visti blog di persone che ormai erano degli amici, reali o virtuali, chiudere i battenti o diradare all'inverosimile le comunicazioni). Dispiace perché questo è un bel punto di riferimento per me.

Io ti auguro con tutto il cuore di trovarti nella condizione di avere di meglio da fare comunque :)

Leggo e penso al mio di spazio, che anche ad Agosto sono riuscito più o meno a tenere abbastanza vivo. Mi piace, c'è poco da fare. Però, non è che in fondo in fondo io non ho di meglio da fare e riverso qui... non so neanche che cosa... energie? Frustrazioni? Tempo? Speranze (di cosa poi?)?

Io sono di nuovo a casa, tempo purtroppo ne ho di nuovo. Poi qualcosa si fa sempre, ci si mette in cerca, ci si dedica il più possibile ai figli, alla famiglia, alla casa, però...

Poi penso che anche quando lavoravo a pieno regime, la sera, magari tardi, il tempo da dedicare a questa piccola (?) passione lo si trovava.

Tutto questo per dire cosa? Boh, non lo so. Forse solo che mi dispiacerebbe e parecchio. Pensaci.

CyberLuke ha detto...

Intanto, bentornato.
Quando si rientra, tante pulsioni vengono meno, credo sia normale pensare di tirare un po' i remi in barca (e nessuno lo sa meglio di me). ;)
Per quanto mi riguarda, spero di continuare a leggerti, mi accontenterei anche di aggiornamenti settimanali.
Venendo al tuo post, mi hai segnalato almeno un paio di cosette meritevoli che mi erano sfuggite (tra cui il Luc Orient riedito dalla Gazzetta dello Sport, grazie!).
Su Nathan Never siamo del tutto allineati... Ma forse siamo cambiati anche noi, non solo lui. ;)

LUIGI BICCO ha detto...

@ Dario:
Ehi, Dario. Belle parole, le tue, grazie davvero. Diciamo che se davvero dovessi decidere di non portare più avanti il discorso blog, non accadrà domani. Per ora mi limiterò a postare di meno. Ha fatto molto comodo anche a me portare avanti un discorso del genere e a tratta ha quasi trovato un riscontro terapeutico. E anche io, come te, spesso scrivo cose per il blog nelle ore serali. Purtroppo però, in periodi così particolari come questi, finirei quasi per sentirmi in colpa a dedicare spassionatamente il mio tempo a cose del genere piuttosto che ad altre (ed è già successo). E' un discorso parecchio complesso che non è chiarissimo nemmeno a me. E fin quando non sarà davvero chiaro, ci risentiremo qualche volta da queste parti, qualche volte dalle tue ;)

@ Luca:
E' normale, si. Ma questa volta quelle pulsioni sono un po' più profonde.
Non sapevo ti potesse interessare Luc Orient. Credo tu possa agevolmente recuperarlo dal sito della Gazzetta (in tutto saranno una decina di albi a 4 euro l'uno).
Su Nathan Never aspetto anche di leggere tutto Anno Zero (li sto tenendo da parte per leggerli tutti in una volta). Vedremo.
Buone cose anche a te.

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