27.6.13

Cogan


E alla fine ho visto anche il film. L'ho guardato qualche notte dopo la morte di Gandolfini. Non l'ho fatto apposta. E' successo così, punto.

Il film è carino. Segue in modo aderente la trama del libro (Ricordi? Te ne avevo parlato qui). Va da sé quindi che da raccontare c'è poco. Ma Andrew Dominik, il regista, mette insieme un impianto visivo stiloso e crudo. Le uniche differenze stanno nel fatto che il film è ambientato ai giorni nostri (e non negli anni '60), con Obama che ogni tanto occhieggia da qualche televisore scalcinato. E che di questa cosa di uccidere con gentilezza, senza lasciare il tempo di far provare paura a chi ti è di fronte dall'altra parte della pistola, nel libro non ce n'è proprio traccia.


Il film è Brad Pitt, parliamoci chiaro. Un killer ingelatinato, un po' guascone e dai modi spicci ma pacati, non poteva essere interpretato da tutti. I suoi occhi freddi in mezzo al fumo di tante sigarette e il suo gesticolare quasi petulante, danno tutta l'anima possibile a quel personaggio. Mi ha fatto piacere rivedere Gandolfini nel suo ultimo film, anche se la sua parte si apre e si chiude in una parentesi che è un di più, esattamente come nel romanzo.

Comunque in certi punti, si, ti vien voglia di bere, fumare e sparare.

Infine. Il discorso finale di Jackie Cogan è molto americano, è vero. Ma oggi come oggi val bene per un tot di questioni che stanno radendo al suolo quel briciolo di società volenterosa che ancora esiste in qualsiasi parte del pianeta e che ancora crede che si possano cambiare le cose. Non aver paura di rovinarti il film. Il discorso è indipendente da tutto il resto.


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