4.2.13

Se all'inferno cantano gli uccelli

Due anni fa esatti, all'età di 91 anni, moriva Horace "Jim" Greasley, militare inglese deportato per 5 anni in un campo di concentramento tedesco. Greasley deve la sua notorietà al fatto di essere riuscito a scappare dalla sua prigionia qualcosa come 200 volte. E la cosa ancor più assurda è che ogni volta, di sua spontanea volontà, vi faceva ritorno.

L'amore, come al solito, è l'unico motivo. Greasley infatti aveva una storia d'amore con Rosa Rauchbach, una ragazza tedesca di un paese vicino. Rosa avrebbe corso rischi anche maggiori di Horace, naturalmente, se avessero scoperto i suoi incontri segreti con un prigioniero di guerra nemico.

Pubblicato nel 2008, il libro autobiografico di Greasley, Do The Birds Still Sing In Hell? (Se all'inferno cantano gli uccelli, in Italia, nell'edizione della Fausto Lupetti), è una sorta di memoriale riferito al periodo della propria prigionia. Il militare inglese racconta tutti gli incredibili dettagli delle sue fughe e della sua storia d'amore segreta, ampiamente confermati in seguito dall'intelligence inglese (MI9). Una storia talmente assurda che sarà portata anche al cinema, pare, dalla Silverline Production.


Nella qui foto sopra un giovane soldato impettito sfida con lo sguardo un Heinrich Himmler (e relativa scorta) impegnato a passare in rassegna un campo di concentramento. Quello che si dice, è che quel soldato sia proprio Horace Greasley.
Ma in realtà non vi è mai stata certezza sull'identità dell'uomo della foto. Wikipedia dice che, molto più probabilmente, si tratta di un soldato russo durante la visita del gerarca nazista al campo di concentramento di Shirokaya Street a Minsk, il 15 agosto del 1941.

Ma quale che sia la verità, non importa più. Perché questa foto, ormai, è entrata nell'immaginario collettivo e nella leggenda.

4 commenti:

CyberLuke ha detto...

C'è sempre chi riesce a rompere gli schemi, e a diventare leggenda.
E ci sarà sempre, almeno me lo auguro.

La firma cangiante ha detto...

Speriamo, ce ne sarà sempre bisogno.

Gripa ha detto...

A volte sembrano storie così lontane.
Altre volte invece sembrano così vicine.
Ma alla fine finisce sempre nello stesso modo:
Più ne conosco e più mi chiedo quale
significato dare al nostro presente.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Luca:
E come li ha rotti, gli schermi, il nostro Horace.

@ Dario:
Mai come allora, mai come oggi. Meno male che storie del genere esistono, si.

@ Alessandro:
Sicuramente, sotto un tetto al quale ripararsi dalla pioggia, viene da farsi parecchie domande. Soprattutto in riferimento a quel preciso periodo storico che, comunque la vogliamo mettere, è completamente priva di senso.

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