Che Louis Crandell fosse un gran bastardo, proprio non lo sapevo. Prima di immergermi nella lettura di questo volume, in realtà, poco o nulla sapevo di Artiglio d’Acciaio. Il fatto che fosse stato prodotto dalla nota casa editrice inglese IPC negli anni ’60 e che lo stesso personaggio e le sue avventure avessero ispirato più di un celebre autore di fumetti negli anni seguenti, mi avevano sicuramente incuriosito e poi spinto all’acquisto.
E’ il caso di dire che Artiglio d’Acciaio (The Steel Claw, in originale) si è rivelato essere uno di quei fumetti di una volta, quelli che si seguivano con trepidazione. Nonostante la particolare divisione delle avventure in piccole parti di due pagine, i tempi narrativi scorrono, al di là di qualche piccola (forse dovuta, per l’epoca) ingenuità di fondo. L’impronta classica calca alla perfezione il fumetto d’avventura di quegli anni e ci presenta un personaggio che, come dicevo all’inizio, prima di diventare un (anti) eroe, si mostra in tutta la sua scelleratezza sfoderando le più assurde e cattive “malefatte” che si possano immaginare, passando dall’omicidio ad atti di terrorismo con crudele determinazione. Un vero e proprio criminale a tutti gli effetti, quindi, ma con mire di conquista oltre la sua portata.
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