Diventato un piccolo caso editoriale per via della misteriosa identità del suo autore (eeeeeh, il marketing), Il Treno per Tallinn è un giallo pubblicato da Mondadori nel 2016 ambientato in Estonia e con protagonista il commissario di polizia Marko Kurismaa.
Ad invogliarmi ad acquistare il libro sono stati ovviamente temi e ambientazioni (tra freddo polare e neve) e un treno in copertina. E non il mistero legato appunto al suo autore, Arno Saar, che per quanto possa essere interessante, poco o nulla mi spiccia in tasca (ma, per amore della cronaca, in tanti sono pronti a credere che dietro questo curioso pseudonimo si celi in realtà Carlo Lucarelli, mentre altri, molto più convinti, si sperticano in congetture varie collegando Arno Saar allo scrittore torinese Alessandro Perissinotto).
Un treno partito da San Pietroburgo e arrivato a Tallinn fa da teatro di un omicidio la cui vittima, morta per avvelenamento, è un uomo d'affari russo ritrovato con una bottiglia di liquore accanto. Il caso viene affidato quindi al commissario Kaurismaa, un uomo che "ha il fascino dell'uomo tormentato, il fisico asciutto dell'ex sciatore
di fondo e il rigore di chi nella vita si è dovuto conquistare tutto", che guiderà il lettore sulle tracce dell'assassino, lungo le strade gelide e tra i vicoli della città vecchia di Tallinn, i suoi locali alla moda, le ex zone industriali e gli squallidi quartieri dell'architettura sovietica.
A dispetto della presenza in copertina, sia nel titolo che graficamente, il treno in questione fa solo da scenografia al bizzarro omicidio iniziale, appunto, mentre il romanzo si concentra, soprattutto nella parte finale, su un altro mezzo di trasporto, teatro di una terrificante e purtroppo molto nota sciagura avvenuta per davvero in Estonia nel 1994 (non la cito chiaramente per non fare spoiler, ma se hai dei ricordi abbastanza vividi di quegli anni, potresti ricordartene, altrimenti google è sempre lì che ti aspetta).
A dispetto della presenza in copertina, sia nel titolo che graficamente, il treno in questione fa solo da scenografia al bizzarro omicidio iniziale, appunto, mentre il romanzo si concentra, soprattutto nella parte finale, su un altro mezzo di trasporto, teatro di una terrificante e purtroppo molto nota sciagura avvenuta per davvero in Estonia nel 1994 (non la cito chiaramente per non fare spoiler, ma se hai dei ricordi abbastanza vividi di quegli anni, potresti ricordartene, altrimenti google è sempre lì che ti aspetta).
Tra le righe delle sinossi redatte dell'editore, che ovviamente deve tirare l'acqua al proprio mulino, leggi di "un'ambientazione
originale e suggestiva, un protagonista complesso e affascinante, una
galleria di personaggi indimenticabili e un impeccabile congegno
narrativo: Il treno per Tallinn è un romanzo straordinario e Arno Saar,
pseudonimo di un importante scrittore italiano, sa procedere col passo
spedito del giallista e la ricchezza di prospettiva del romanziere di
classe".
Senza voler esagerare con i toni, la verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Il Treno per Tallinn è un buon giallo da leggere dove il suo autore si diverte più a tormentare i propri personaggi descrivendone vizi e virtù visti attraverso quel sottile strato di apatia che letteratura e cinema spesso si divertono ad appioppare a chi vive in certi posti freddi, piuttosto che a costruire strutture e sovrastrutture tipiche del genere.
Per quanto possa sembrare assurdo (e mi rendo conto che il confronto potrebbe infastidire chi ha scritto questo romanzo perché in generale, e giustamente, tutti gli scrittori si infastidiscono quando leggono certe cose), stiamo parlando di una sorta di Commissario Montalbano in chiave nordica, insomma, ma di conseguenza senza il colore di certi luoghi o la passione di certi bizzarri personaggi. Cosa che, tra parentesi, non va certo interpretata come una mancanza, sia chiaro.
Detta così, sembro voler sminuire questa lettura che, al contrario, si è rivelata tutto sommato piacevole e che adempie perfettamente alla sua funzione di intrattenimento, tenendo anche conto che le sue 160 pagine si leggono velocemente e senza intoppi.
Detta così, sembro voler sminuire questa lettura che, al contrario, si è rivelata tutto sommato piacevole e che adempie perfettamente alla sua funzione di intrattenimento, tenendo anche conto che le sue 160 pagine si leggono velocemente e senza intoppi.
7 commenti:
"ha il fascino dell'uomo tormentato, il fisico asciutto dell'ex sciatore di fondo e il rigore di chi nella vita si è dovuto conquistare tutto" non mi sembra farina del sacco di Lucarelli. Naturalmente uno scrittore può cercare di cambiare stile - il Lucarelli di Coliandro non è esattamente quello di Carta Bianca o Via delle Oche, ma quella cosa del rigore mi sembra uno scivolone che il mio amico ed ex allievo non farebbe. Mi sbaglierò come quando dissi che quella cosa della scuola per maghetti non avrebbe fatto una lira, ma secondo me il tizio del treno è uno tra quanti pubblicano con il loro nome o nicknames esotici in Segretissimo.
Temo che quella cosa della descrizione di Sam Spade nel Falcone Maltese sia stato un sassolino che ormai ha le proporzioni di un planetoide. Paul Auster - che sotto falso nome e giovane e senza palanche - ha scritto qualche hard boiled novel - sostiene nel suo Città di Vetro che racconti siffatti hanno un centro che segue l'azione passo a passo. Ergo sono perfettamente bilanciati con un equilibrio variabile paragrafo x paragrafo. In una struttura come questa è necessario - e consigliabile nella economia della storia- che si tratteggino i personaggi con pochi tratti. Sarebbe tanto ma tanto + coinvolgente se le caratteristiche di protagonisti e comprimari emergessero progressivamente dallo specchio che sono gli altri protagonisti e comprimari, come capita in racconti e romanzi non necessariamente di genere.
Luca Carli ed io siamo sullo stesso treno lanciato nel crepuscolo e noto che si passa la mano sul pizzetto solo quando parla e dice che sembra il treno non rallenti nemmeno nell'approssimarsi della curva ed allora realizzo che non abbiamo visto altra anima viva. Allora guardiamo il nostro biglietto e notiamo che la destinazione è la taverna dell'uomo alto e ricordiamo infine quel distinto gentiluomo dal fisico e dai modi asciutti che ci ricordava che la vita è rigore e che prima o poi qualcuno fischierà quella dannata ultima punizione.
Di Auster ne ho letti parecchi, ma dei suoi trascorsi hard boiled non ne sapevo nulla. Immagino tu ti riferisca ai due libri che ha scritto sotto gli pseudonimi di Paul Queen e Paul Benjamin.
Sì. Io ho letto solo Gioco Suicida. Einaudi lo tradusse nel 2006. Il nome sulla cover era Paul Auster. Una fascetta, credo, spiegava che si trattava di un lavoro dello scrittore antecedente a quelli che lo avevano reso un beniamino della critica. Crepascola ed io eravamo in vacanza a Palermo nei gg in cui la nostra nazionale stava x vincere i Mondiali. Ricordo le incursioni allo Altroquando e questo novel non memorabile, ma nel solco di tanta roba hard boiled a la Mark Sadler o Ross McDonald.
Suggerimento: cercare in Rete il post "Aga kes on Arno Saar?"
@ anonimo:
Ciao. Avevo già letto quel post. Molto interessante, tra l'altro.
Sì, vero, molto interessante. Io credo che Il Treno per Tallinn sia comunque molto lontano dall'essere un capolavoro. Perissinotto è decisamente più bravo quando non scrive sotto pseudonimo e sopratutto quando non scrive di fretta per imitare il suo idolo Simenon a tutti i costi. Tra qualche giorno uscirà il secondo capitolo. Speriamo sia un po' meglio.
Ah, vedi. Non sapevo stesse per essere distribuito il seguito. Magari un occhio glielo do. Grazie per la info.
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