Domenica sera dovevo andare a letto presto e invece, alle prese con l'ultimo zapping isterico all'una di notte prima di spegnere definitivamente la tv, sono incappato su Rai5 mentre stava andando in onda una puntata di Jazz Icons dedicata a Dave Brubeck. Un paio di meravigliose performance live registrate nel 1964 e nel 1966 tra Belgio e Germania.
Con la testa addolcita dal sonno, l'esibizione si è trasformata in un'esperienza quasi mistica. Starei per ore a guardare Dave che picchietta nervosamente sul piano, ad ascoltare il suono vellutato del sax di Paul Desmond o ancora Eugene Wright con quell'aria sorniona e sorridente mentre "canta" le note che produce sul contrabbasso. Per non parlare dell'ipnotico Joe Morello che con quella sua faccetta da ragioniere è stato, secondo chi scrive, uno dei migliori batteristi dell'epoca (e purtroppo ancora oggi un filino sottovalutato, dalla critica, rispetto ad altri suoi colleghi più noti, ma osannato da chi suona il suo stesso strumento).
Che delizia, per qualche attimo, addormentarsi sulle note finali senza troppi pensieri, per poi svegliarsi alle due e mezzo, conscio del fatto che sarei dovuto andare a letto per rialzarmi solo quattro ore più tardi. Ma ne è valsa la pena. Anche solo per guardare tutti i membri del quartetto che ridono sempre, di continuo (come nella foto sopra), come se in quel momento non esistesse nulla al di fuori della musica.
Certe cose, proprio...
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