Forse te l'ho già detto. Tendenzialmente non mi considero un nostalgico, ma ci sono in effetti certe cose sulla quale bontà anche io non posso fare a meno di disquisire con quella tipica voce stridula, strozzata dal ricordo dei bei tempi che furono. Tanto per dire, in una recente retata in edicola, mi è capitato sotto gli occhi la ristampa del Mister No delle Edizioni IF. La cover in questione (te la piazzo proprio qui sotto) mi ha letteralmente scaraventato a calci nel tunnel dei ricordi fino alla fine degli anni '80, quando Jerry Drake, a sua volta, fu spedito a forza da qualche altra parte.
Preoccupato dall'aria stantia che si respirava a Manaus dopo decine e decine di storie, Sergio Bonelli stesso decise di far cambiare aria al pilota amazzonico facendogli compiere il grande salto.
Partendo da Belém, e attraversando tutto l'oceano Atlantico, lo spedì in una delle location più interessanti del pianeta, il misterioso continente nero (che l'autore stesso aveva realmente girato un po' di volte).
Partendo da Belém, e attraversando tutto l'oceano Atlantico, lo spedì in una delle location più interessanti del pianeta, il misterioso continente nero (che l'autore stesso aveva realmente girato un po' di volte).
Tutto cominciò quindi con l'albo numero 167 intitolato appunto "Africa!", datato aprile 1989. La storia, firmata ai testi dallo stesso Bonelli e ai disegni da Luca Dell'Uomo, era più o meno questa:
Un candidato alla carica di governatore dà fastidio a tre amiche di Jerry. Jerry dà fastidio al candidato governatore (leggi: "lo percuote rudemente"). Le guardie del corpo del candidato governatore a loro volta vogliono lisciare il pelo e Jerry e quest'ultimo, per evitare una pioggia di mazzate, si nasconde su un cargo che parte, a sua insaputa, con destinazione Africa!
All'epoca avevo già letto parecchie storie di Mister No,
ma quella inaspettata trasferta accesse in me la più ardita passione per un
personaggio sbevazzone, attaccabrighe e qualche volta molesto, ma sempre e comunque contro farabutti e prepotenti (proprio come piace a noi, insomma).
Qui sotto puoi vedere alcune delle bellissime e variopinte copertine di quel ciclo, durato in tutto 29 albi e terminato con il numero 196 ("Africa Addio!"). Sono molto legato a queste copertine perché, più di mille altre, mi riportano con violenza a quell'età da giovinezza spensierata e potente di cui dicevamo (nel caso tu sia stato così fortunato da poterne vivere una).
Qui sotto puoi vedere alcune delle bellissime e variopinte copertine di quel ciclo, durato in tutto 29 albi e terminato con il numero 196 ("Africa Addio!"). Sono molto legato a queste copertine perché, più di mille altre, mi riportano con violenza a quell'età da giovinezza spensierata e potente di cui dicevamo (nel caso tu sia stato così fortunato da poterne vivere una).
Ma non è solo una questione di ricordi. Il ciclo africano di Mister No coincide, a mio modo di vedere, con uno dei picchi più alti dell'intera serie. Di sicuro dal punto di vista narrativo, dove Sergio Bonelli dà fondo a tutto il suo amore per quei luoghi, partorendo storie d'avventura che (te lo dico senza starti a spiegare il perché o il per come) erano M-E-R-A-V-I-G-L-I-O-S-E.
In quei ventinove albi il vecchio Jerry si ritrovò ad avere a che fare con ricchi e dispotici americani alla ricerca di trofei, con la terribile tribù dei Fang in Camerun, con i pirati guineani a Douala, con il deserto del Kalahari, in Kenya, a Nairobi, nel parco del Serengeti, nel mezzo della rivolta dei Masai e della guerriglia tra le truppe coloniali inglesi e i fieri Mau-Mau, con la fanatica setta di El Azif in Sudan, con l'intricato labirinto del faraone Ekhnaton, in compagnia dei Tuareg nel deserto del Sahara e contro la legione straniera sull'altopiano del Tassili, per poi ricongiungersi infine in Egitto con l'amico Esse-Esse e lanciarsi sulle orme del tesoro di Tobruk. Insomma, di carne al fuoco ce n'era davvero parecchia. Ed era tutta carne buona, te lo assicuro.
In quei ventinove albi il vecchio Jerry si ritrovò ad avere a che fare con ricchi e dispotici americani alla ricerca di trofei, con la terribile tribù dei Fang in Camerun, con i pirati guineani a Douala, con il deserto del Kalahari, in Kenya, a Nairobi, nel parco del Serengeti, nel mezzo della rivolta dei Masai e della guerriglia tra le truppe coloniali inglesi e i fieri Mau-Mau, con la fanatica setta di El Azif in Sudan, con l'intricato labirinto del faraone Ekhnaton, in compagnia dei Tuareg nel deserto del Sahara e contro la legione straniera sull'altopiano del Tassili, per poi ricongiungersi infine in Egitto con l'amico Esse-Esse e lanciarsi sulle orme del tesoro di Tobruk. Insomma, di carne al fuoco ce n'era davvero parecchia. Ed era tutta carne buona, te lo assicuro.
In tutto il vorticoso
bailamme di avvenimenti sopra citati, però, c'è proprio un albo in
particolare che all'epoca della prima lettura mi colpì parecchio. Si
tratta del numero 188 intitolato "Sulle Piste del Sahara" dove Roberto Diso
(anche lui al suo picco di massimo splendore, in quel periodo)
tratteggiò a meraviglia un deserto infernale e i suoi assurdi
"abitanti".
E
tra tutte, non chiedermi il perché, c'è una vignetta di
quell'albo che mi si piazzò in testa e da allora non è mai più andata
via. Ritraeva Mister No ad Agadés, nel Niger, rilassato e munito del solito bicchiere di [inserisci nome di bevanda alcolica a caso] sulla terrazza dell'hotel De l'Air, impegnato a rimirare lo storico minareto che ha di fronte.
All'inizio dei '90, quella vignetta me la sono squadrata, guardata e riguardata. L'ho ridisegnata così com'era o in versione invernale o notturna o ne ho reinterpretato il soggetto principale e la location. Ricordo a memoria ogni suo particolare, ogni trattino e sberleffo d'inchiostro tirati da Diso per realizzarla.
Qualcosa vorrà pur dire.
All'inizio dei '90, quella vignetta me la sono squadrata, guardata e riguardata. L'ho ridisegnata così com'era o in versione invernale o notturna o ne ho reinterpretato il soggetto principale e la location. Ricordo a memoria ogni suo particolare, ogni trattino e sberleffo d'inchiostro tirati da Diso per realizzarla.
Qualcosa vorrà pur dire.
P.S.: Una piccola riflessione a margine. I finti antieroi come Mister No, tipi come lui dediti al fumo, all'alcool e alla rissa facile, uno che non ha mai lesinato nel dare o prendere mazzate, ma allo stesso tempo altruista e dallo spiccato senso morale, dalle parti del fumetto popolare ("seriale") italiano non c'è ancora mai passato. E un po' si sente, forse.
4 commenti:
Le copertine di Bob Diso e quelle di Giancarlo Alessandrini x il BVZM sono state un importante segnale SBEllico: hanno parlato ad una generazione di lettori a cui si rivolgevano con un segno che era contemporaneo ed allo stesso tempo foriero di novità: in una parola moderno. Non dico che fossero meglio dei lavori di Galep e Ferri, sia chiaro, ma sicuramente diversi. Se in via Buonarroti avessero dato retta ai messaggi che fissavo alle zampette di piccioni viaggiatori che inviavo fiducioso , avremmo avuto Ticci alle cover di Tex e Chiarolla a quelle di Zagor. Purtroppo erano i gg in cui SBE lavorava alla saga africana e si stava documentando sulla cucina tinisina e così i miei vettori sono stati graditi, ma il messaggio ignorato. Pazienza.
Se ben ricordo fu con questa saga che cominciai a seguire seriamente Mister No, anche se non arrivai alla fine.
Ricordo chiaramente che il primo o secondo ciclo era un whoddunit e io sbagliai clamorosamente a individuare il colpevole! :D
Ricordo anche un uso creativo della fotocopiatrice per ricreare degli effetti ESP, credo di averci anche dedicato un post.
Secondo me però i disegnatori di Mister No era troppo pulitini per rappresentare quel mondo, e Diso coi suoi dentoni non l'ho mai gradito. Bignotti mi piaceva molto, invece.
Già, quanti ricordi... un vero salto nel tempo della nostra vita. Mi immedesimo totalmente in questo post.
Peccato che per i festeggiamenti dei 40 anni di Mister No si sappia poco o niente...
@ Crepascolo:
Vero. Quelle di Diso e Alessandrini erano le mgliori cover. Quanto meno quelle più plastiche (forse all'epoca c'erano anche quelle di Casertano per Nick Raider).
Ecco. Le piccionaie di Crepascolo è una cosa che un giorno mi piacerebbe vedere :)
@ Luca:
Se non ricordo male, stai parlando proprio della primissima storia dopo l'arrivo in Africa, nell'albo Safari.
Sul "pulitini" forse ho capito cosa intendi, anche se a me il tratto di gente come Marco Bianchini e Luca dell'Uomo piaceva di più rispetto a quello più classico di Bignotti o dei fratelli Di Vitto (di lì a qualche anno, comunque, diversi grandi talenti avrebbero disegnato il personaggio: Oreste Suarez, Viglioglia e Valdambrini, tante per citarne qualcuno).
@ Colonna:
Vedo che quella parentesi africana nella serie colpì più di un lettore. Un motivo ci sarà. Per quanto riguarda i 40 anni che cadrebbero proprio quest'anno, un po' di tempo fa si parlava di un nuovo (unico) albo di Mister No, poi ultimamente di un suo ritorno occasionale in una collana antologica ("Le Storie"?). Dicerie? Boh. Fatto sta che non se n'è più sentito parlare. Con il senno di poi potrebbero prendere magari uno dei prossimi almanacchi dell'avventura e piazzarci una delle storie migliori del pilota amazzonico. A colori. Vedremo.
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