Clifford Simak è sempre stato un mio piccolo pallino fisso. Credo che lo scrittore e giornalista americano sia sempre stato ingiustamente sottovalutato (anche se per anni è stato considerato una sorta di Ray Bardbury della provincia americana). Autore di perle della sci-fi classica come Anni Senza Fine, L'Anello Intorno al Sole o La Casa dalle Finestre Nere (ricordo con una certa tenerezza una mia recensione per il Corriere della Fantascienza risalente a più di una decade fa), Simak è uno di quegli scrittori privi di fronzoli che ha sempre prediletto uno stile di scrittura secco e asciutto e storie che, ambientate tra le stelle o tra misteriose civiltà aliene, raccontassero sempre e comunque la provincia americana, appunto, come uno dei più grandi misteri del nostro pianeta.
I Visitatori (The Visitors, 1980) è uno dei suoi tardi romanzi minori. L'incipit è quello tra i più abusati della storia: l'invasione aliena. Ma la questione sta proprio nella "foggia" degli indifferenti visitatori.
Non di omini verdi si tratta, infatti, ma di grosse mattonelle nere e lucide lunghe svariate decine di metri che sembrano levitare a pochi centimetri dal suolo. Arrivano negli Stati Uniti e cominciano a fagocitare interi ettari di foresta per lasciare, appena dietro di loro, una scia formata da balle di cellulosa. Non attaccano l'uomo ma nemmeno prestano la minima attenzione ai suoi vari tentativi di stabilire un contatto.
Suddiviso in 57 brevi capitoli, la scena si divide tra Lone Pine, in Minnesota, dove il primo visitatore si è mostrato (e dove seguiamo le gesta della redazione giornalistica del Minneapolis Tribune, della sua giornalista d'assalto e del suo fidanzato, prima rapito e poi rilasciato da una di queste strane creature) e gli uffici della Casa Bianca dove Presidente, Segretario della Difesa e Generalissimi vari seguono gli eventi e prendono decisioni.
I problemi cominciano quando dopo il primo "mattone" nero (contro cui nulla si puote per smuoverlo dai suoi intenti mangerecci), ne arrivano parecchi altri. Ma soprattutto quando gli strani visitatori prendono a riprodurre oggetti di uso comune per tutti gli abitanti del pianeta come una sorta di ringraziamento per aver permesso loro di "cibarsi", ma rischiando invece di mandare in malora l'intero sistema economico globale (e spingendosi troppo oltre, proprio nel finale).
Simak cerca di cavalcare più che altro la vena realistica e le reazioni che un simile evento potrebbe davvero scatenare nella massa.
I Visitatori (The Visitors, 1980) è uno dei suoi tardi romanzi minori. L'incipit è quello tra i più abusati della storia: l'invasione aliena. Ma la questione sta proprio nella "foggia" degli indifferenti visitatori.
Non di omini verdi si tratta, infatti, ma di grosse mattonelle nere e lucide lunghe svariate decine di metri che sembrano levitare a pochi centimetri dal suolo. Arrivano negli Stati Uniti e cominciano a fagocitare interi ettari di foresta per lasciare, appena dietro di loro, una scia formata da balle di cellulosa. Non attaccano l'uomo ma nemmeno prestano la minima attenzione ai suoi vari tentativi di stabilire un contatto.
Suddiviso in 57 brevi capitoli, la scena si divide tra Lone Pine, in Minnesota, dove il primo visitatore si è mostrato (e dove seguiamo le gesta della redazione giornalistica del Minneapolis Tribune, della sua giornalista d'assalto e del suo fidanzato, prima rapito e poi rilasciato da una di queste strane creature) e gli uffici della Casa Bianca dove Presidente, Segretario della Difesa e Generalissimi vari seguono gli eventi e prendono decisioni.
I problemi cominciano quando dopo il primo "mattone" nero (contro cui nulla si puote per smuoverlo dai suoi intenti mangerecci), ne arrivano parecchi altri. Ma soprattutto quando gli strani visitatori prendono a riprodurre oggetti di uso comune per tutti gli abitanti del pianeta come una sorta di ringraziamento per aver permesso loro di "cibarsi", ma rischiando invece di mandare in malora l'intero sistema economico globale (e spingendosi troppo oltre, proprio nel finale).
Simak cerca di cavalcare più che altro la vena realistica e le reazioni che un simile evento potrebbe davvero scatenare nella massa.
Ripeto, I Visitatori è uno dei romanzi minori di Simak scritto più o meno a fine carriera (e purtroppo la cosa si percepisce tutta). Nonostante alcuni spunti davvero interessanti, purtroppo, Simak non riesce ad andare oltre il mero gioco dello spettatore in prima persona, imbastendo un teatrino botta e risposta, a tratti snervante e superfluo, tra il luogo dove tutto succede e il luogo dove tutto si decide.
Nonostante questo, mi preme ricordarti che sempre di un grande scrittore di genere si tratta, ma che se proprio deve capitarti tra le mani un suo libro, magari fa che non sia questo. La Elara, tanto per dire, varò anni fa una collana a lui espressamente dedicata, pubblicando le sue cose migliori.
I Visitatori | Clifford D. Simak
Urania Collezione #140 (Settembre 2014)
Nonostante questo, mi preme ricordarti che sempre di un grande scrittore di genere si tratta, ma che se proprio deve capitarti tra le mani un suo libro, magari fa che non sia questo. La Elara, tanto per dire, varò anni fa una collana a lui espressamente dedicata, pubblicando le sue cose migliori.
I Visitatori | Clifford D. Simak
Urania Collezione #140 (Settembre 2014)
4 commenti:
Mai letto Simak, nonostante tu la definisca un'opera minore lo spunto mi sembra interessante.
Se leggi le sinossi dei suoi libri, noterai che gli spunti sono più o meno sempre parecchio interessanti. Ma se non hai mai letto nulla di suo, consiglio vivamente altri titoli. Su Urania li hanno pubblicati quasi tutti. Se ti interessa, QUI trovi notizie biografiche e consigli di lettura.
Non so di quando siano quelle copertine, ma mi hanno ricordato (e non da lontano) il monolite più famoso del mondo. ;)
E c'hai anche ragione. Non so se si tratta di un omaggio di Simak ad Arthur Clarke, ma non credo. Credo invece si tratti più di una libera interpretazione degli illustratori che hanno realizzato le varie copertine. Nel romanzo di Simak, infatti, si parla di grosse mattonelle nere e lucide (che levitano orizzontalmente a pochi centimetri dal suolo), senza scendere ulteriormente in descrizioni varie (ma potrebbe comunque essere, eh).
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